Mita Medici: “Le grandi passioni, dal Piper alla Sardegna”_di Attilio Gatto
Per lei “la vita è fatta di incontri, non di successi”. Lei è Mita Medici, attrice e cantante capace, secondo Andrea Camilleri, di quel carattere che vince le ragioni del pudore. Mita se la porta appresso da sempre una certa vivacità, l’ha rivelata da quando aveva 15 anni, ragazza del Piper, e la buona musica era colonna sonora della gioventù. Oggi è una donna che riconosce in sé “i germi di libertà, coraggio, contestazione ragionata”. E si può aggiungere anche bellezza, una bellezza intesa come fascino e vitalità, immagine di una generazione e idee in movimento.
E i maestri? “I maestri sono innanzitutto i genitori, e poi c’è la sensibilità per le cose viste, lette.” Suo padre, Franco Silva, nome d’arte di Francesco Vistarini, attore bravo e popolare, molto ammirato dalle donne, spesso faceva con lei delle lunghe passeggiate. Erano chiacchierate, sorrisi, serenità, non senza il seguito dei fotografi. “Siamo molto simili, mi manca”, dice Patrizia – è il vero nome di Mita, – che è sorella di Carla, scrittrice, sceneggiatrice, autrice di testi, di canzoni famose. Mita ha indirizzato la creatività su un altro territorio.
Aveva 13 anni quando papà la portò a teatro, a vedere “Vita di Galileo” di Bertolt Brecht, edizione storica, regia di Giorgio Strehler, con Tino Buazzelli. E lì scattò la magia:”Una messinscena meravigliosa. Una favola.” Ma la cifra di Mita Medici è l’ironia. Come quella che sprigionava Paolo Poli, con le sue mille voci allusive, nel ‘68, quando insieme fecero l’operetta “Al cavallino bianco” in Rai. E accanto a un altro grande, Alberto Lionello, eccola nella compagnia della commedia musicale “Ciao Rudy”, con Loredana Bertè, Giusi Raspani Dandolo, Paola Borboni. Era il ‘72 e “un progetto a Milano con Jannacci, Cochi e Renato non si concretizzava. Mi chiamarono Garinei e Giovannini. Un’impresa fantastica. Devi avere qualcosa dentro!” Magari il carattere:“Mi cercarono per Canzonissima, feci il provino, fui scelta e arrivò la popolarità.” La grande televisione e il grande teatro.
Mita Medici ha recitato Shakespeare, Cocteau, Strindberg, Molière. È stata diretta da registi come Giancarlo Cobelli e Franco Enriquez. Ma che cosa l’affascina della scena? ”Mi piacciono molto le prove, momento creativo, stupefacente, fino all’ultimo si apre una luce sul personaggio. Qualcosa che t’aiuta a costruire lo spettacolo, l’intreccio, il rapporto col pubblico.” Come per la vita di Alda Merini, che ha raccontato a teatro, “mentre dialogavo con la poetessa e siamo diventate amiche.” E poi un suo lavoro,”Sono una figlia dei fiori”, piaciuto molto ai giovani:”È nata una discussione di un’ora.”
Covid permettendo, a gennaio porterà ancora in scena il suo grande amore, Franco Califano: canzoni, poesie, riflessioni, dentro una costruzione drammaturgica. Racconta:” Abbiamo vissuto una storia importante. Siamo stati benissimo. Quando Franco è morto siamo andati a cena con un gruppo di amici. Per ricordarlo. All’uscita del ristorante una donna che lo conosceva mi ha fermato e mi ha detto: lei è stata la sua ispirazione fino alla fine.” Ed è stata anche l’ispirazione di tanti giovani, Mita Medici, con quel film che ha fatto sognare ragazzi e ragazze, “Pronto…c’è una certa Giuliana per te”, regia di Massimo Franciosa. Era il 1967 e l’amore tra due studenti rivelava l’ansia di ribellione alla normalità borghese. Tensioni che tornano in “Plagio”, 1969, diretto da Sergio Capogna, girato a Bologna nel bel mezzo della protesta studentesca.
E Mita Medici fu incredibilmente rapita:”Ci mancava anche questa! Uno scherzo dei sessantottini, volevano attirare l’attenzione con un’impresa clamorosa. Arrivarono su una Fiat 500 e mi portarono via. Ma tutto finì per il meglio.” Tra finzione e realtà. È il destino degli attori, come quando Mita interpretò il suo primo film – “L’estate”, 1966, diretto da Paolo Spinola, regista raffinato – insieme a un altro mattatore, Enrico Maria Salerno. Lei che è “pazza del mare” ha incontrato così il mare della Sardegna.
Le inquietudini, i turbamenti di una famiglia bene nell’incanto di una Costa Smeralda ancora nascente. “Semplicemente non c’era, ma c’era una bellezza selvaggia. Un paradiso azzurro. La solitudine della natura gallurese. In Sardegna – racconta – ho conosciuto persone meravigliose. Sono molto legata all’isola. Ricordo sempre Gigi Riva, una persona speciale, leale, integra.” A Cagliari e Olbia ha portato una commedia di Menandro, “La donna di Samo”. Davvero un tris d’assi: Mita Medici, Paolo Ferrari e Ernesto Calindri. E allo stadio Amsicora ha cantato “Sora Menica”, uno dei motivi preferiti anche da Gabriella Ferri, dopo una partita di calcio della squadra femminile rossoblu, quand’era presidente Alvaro Amarugi. Certo che però è ancora innamorata della sua Roma:”Ricordi, angoli meravigliosi.
E poi i romani hanno la capacità di vivere e lasciar vivere. Insomma, come si dice da noi, gajardi.” Questa voglia di libertà per sé e per gli altri Mita Medici deve averla nel sangue perché, se le chiedi dell’impatto con la pandemia, risponde che “sì, c’è qualcosa di sbagliato, dobbiamo cambiare.” Ma “quei mesi di lockdown, io li ho passati in campagna, con gli alberi, i fiori.”
Precauzioni certo, ma anche vita all’aria aperta, a contatto con la natura, che però va rispettata. E spazio a uomini e donne di tutte le età. Mita ha delle idee:”Sono testimonial di un progetto fashion per le over 65. Tempo che passa e moda. Ci lavora anche lo stilista algherese Antonio Marras. E, sempre con un occhio di riguardo a chi non è più giovane, sto scrivendo per una serie da proporre su una piattaforma come Netflix.” Lei non ha perso di vista il panorama del cinema italiano. Vorrebbe fare un film, e intanto offre al pubblico il suo teatro. C’è un monologo, “In scena”, in cui l’attrice si confronta con il personaggio, la donna con la maschera. In fondo serve anche a conoscersi il lavoro dell’attore. Una grande interprete che Mita Medici avrebbe voluto frequentare è la divina Greta Garbo:”
Alla fine degli anni settanta ho vissuto a Los Angeles, ho frequentato il Lee Strasberg Theatre and Film Institute e anche l’Actors Studio a New York. Proprio a New York un giorno ho visto la Garbo. Ho avuto la tentazione di avvicinarla, ma non l’ho fatto. Un personaggio dell’altro mondo. Ho scritto una cosa su di lei. Dicono che per certe espressioni le assomiglio.” Il mito di Greta riuscì a catturarlo Inge Feltrinelli, nel 1952, all’angolo di Madison Avenue:”Ho fatto clack e l’ho fotografata! Anche se non avevo la tecnica, avevo colto l’attimo!”
L’attimo delle donne, che percorrono strade tortuose, e però vanno avanti. Ha rimpianti Mita Medici? “Qualche rimpianto ce l’ho, pure qualche rimorsino. Impossibile non averne, pensi di aver sottovalutato qualcuno o qualcosa.” La memoria a volte scava. A proposito, chi era davvero la ragazza del Piper, Mita Medici o Patty Pravo? “Fate come ve pare. È stato un momento meraviglioso. Che te lo dico a fà. Vitalità, energia, avevo 15 anni. Liberi, si ballava, si discuteva, bella musica.” E ora? Mita è un’artista completa: balla, canta, recita, come certe dive americane. Per lei “la felicità sono tanti attimi che ci accompagnano nella dura lotta della vita”. Vengono alla mente alcuni versi dell’amica poetessa, Alda Merini:”Sorridi donna/sorridi sempre alla vita/anche se lei non ti sorride…”
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