“Non è teatro. Rassegna non rassegnata” del Teatro Dallarmadio in diretta web _di Federica Landis
I teatri sono ancora chiusi e se gli spettatori non possono andare a teatro, il teatro/Non teatro, va dagli spettatori. Con questa prospettiva nasce la rassegna “Non è teatro. Rassegna non rassegnata di teatro “ proposta dalla compagnia cagliaritana Teatro Dallarmadio che ha in programma otto appuntamenti dal 6 gennaio al 25 aprile, fruibili gratuitamente attraverso la piattaforma Youtube, nel canale Teatro Dallarmadio.
Otto eventi di non teatro originali, drammaturgie tematiche che nascono con uno sguardo sul contemporaneo e si legano ai temi delle feste mancate o degli appuntamenti saltati del calendario.
Una regia on web studiata da Murgia con un occhio cinematografico, teatrale e musicale, dove convergono le tante anime del Teatro Dallarmadio. La nuova formula ha superato il debutto il 6 gennaio scorso con lo “Skoncerto epifanico” e ha ricevuto la conferma del pubblico con il secondo spettacolo “L’inverno del nostro scontento” il 31 gennaio. Entrambi di e con Fabio Marceddu e Antonello Murgia, con la partecipazione di Carla Onni e Daniela Littarru.
Sul palco, è il caso di dirlo perché gli attori vanno in scena nei locali dell’Exmà, casa della compagnia, si alterneranno diversi artisti della scena cagliaritana: da Angelo Trofa e Valentina Fadda in “Che cos’è l’amor”, a Cristiana Cocco in “Carnevale mesto” il 28 febbraio; Rossella Faa e Vanessa Podda in “La festa delle gonne” il 14 marzo; Tiziana Pani e Renzo Cugis in “Primavera in scatola” il 28 marzo; Lia Careddu e Donatella Martina Cabras in “Fa che finisca presto” il 25 aprile. Chiude la rassegna “Liberateci tutti”, anch’esso il 25 aprile, con Fabio Marceddu e Antonello Murgia. Un percorso che attraversa i momenti del nostro vivere bloccati in questo limbo che è l’emergenza Covid.
Da “Il teatro ai tempi del…”, la rassegna che non è mai partita a causa della chiusura improvvisa di teatri e cinema lo scorso ottobre, a “Non è teatro” la prospettiva è cambiata, così come sono cambiate le attese e le prospettive dei tanti artisti in pausa forzata. E se il teatro è anche sperimentazione, questa volta il Teatro Dallarmadio ha voluto dare una risposta adattandosi ai tempi del Covid ma anche al tempo di fruizione di uno spettacolo via web davanti ad uno schermo. In questo c’è una ricerca drammaturgica e musicale che si ricollega alla tradizione dei grandi spettacoli televisivi del passato, che a loro volta erano figli del teatro, dell’avanspettacolo e di tutta quell’arte liberatoria e liberata del secondo dopoguerra.
Ma un teatro in streaming è sempre teatro?
«Fare teatro senza pubblico in sala non è teatro. E questo è il titolo» spiegano Fabio Marceddu e Antonello Murgia. «È inutile che continuiamo a chiamare qualcosa con un altro nome – prosegue Marceddu – il teatro in streaming “non è teatro”, è la negazione stessa del teatro, è un’altra cosa. Noi siamo coscienti di questo e sappiamo che questo è un modo per arrivare comunque al pubblico».
Una rassegna che nasce quindi, nonostante il canale sia diverso, perché, spiega Murgia: «Non si può fermare la vocazione per l’arte, gli artisti hanno bisogno di questo; noi, poi, vogliamo tenere un filo con i nostri spettatori che sono quelli che ci seguono abitualmente e abbiamo notato che ora ci sono nuovi spettatori che non conosciamo».
L’attore sul palco si nutre dell’empatia del suo pubblico ma in assenza di pubblico, quale flusso di emozioni nutre il palcoscenico?
«Queste dirette ci pongono di fronte ad emotività diverse- prosegue Marceddu -. L’applauso finale del pubblico è una catarsi che in questo caso manca del tutto. Ci sono gli applausi inviati tramite i commenti della piattaforma o che ci arrivano su Whatsapp ma non è la stessa cosa».
Per un attore abituato a lavorare con il pubblico in sala lo streaming è qualcosa di insolito. «Fare teatro in streaming è molto pesante- spiega Murgia-. Il teatro è un rito, va vissuto con il corpo. Non essendo teatro, quello che facciamo qui è un’altra forma, ma non è nemmeno televisione».
Tanti Diogene che cercano l’uomo, così gli attori cercano il loro pubblico. Un pubblico assente, non per scelta, che ha comunque voglia di stare a teatro anche se il teatro è a distanza e anche se questo teatro “non è teatro”, appunto.