12 Aprile 1970 Stadio Amsicora: lo scudetto e il calzettone di Gigi Riva_di Pietro Porcella
Era una Domenica mattina di primavera, con l’aria frizzantina quando uscii da casa mia in Via Cagna 11. Eran le 9 del mattino ed ero gia’ vestito per la messa e lo stadio.La vecchia Piazza Amsicora (dal 2016 Piazza Scopigno) era un cul de sac fra tre stradone, a cento metri da casa, davanti alla curva dello stadio.Avevo messo le scarpe bianche Superga. Di gomma, alte, telate, le usavo per il basket, ma anche per andare a messa o allo stadio. I tubolari a striscia rosso-blu’ erano i miei calzettoni, per calzoncini avevo messo quelli eleganti, corti, blú con le tasche e il risvoltino sopra al ginocchio. La maglietta ovviamente era rossa, quella col colletto ben stirato da mamma. Dopo un bel caffellatte pieno di pane duro, prima della messa delle 11 a San Pio X, volevo gia’ fare un giro esplorativo.
Date le circostanze mi ero dimenticato dei compiti. Attraversai le strisce alla fine di Via della Pineta, passai in Viale Diaz stando attento nell’ attraversare i binari del tram e andai a vedere se al campo dei Vigili Urbani stava giocando qualcuno. Poi tornai subito li, in Piazza Amsicora perche’ c’era già roglio. Mi fermai davanti all’ingresso della curva Ovest, nello spartiacque tra chi andava in gradinata e curva Est da via dei Salinieri e chi andava in tribuna nel vialetto alberato sulla destra. Le tribune a quei tempi erano due, anzi tre.C’era la “tribuna alberata” fuori dal recinto, quella dove da presto gli scalatori piu’ forti salivano sugli alberi con un panino e una bibita nel sacchetto. Si assicuravano il loro posto nel ramo solido e guardavano e soffrivano con noi stando attenti a non cadere. C’era la tribuna laterale, coi tubi innocenti e i tavoloni di legno (come le due curve),dove andavamo noi Porcella dal 1965-66 con Papa’, Zio Nando e tutti i nipotini comandati da Nonnu Porcella e i suoi amici di Gonnos.
E c’era infine la valorosa tribuna centrale, in cemento, con in alto la torretta tv, dove si mischiavano giornalisti, radio e telecronisti, dirigenti, autorita’ , politici e nobili famiglie cagliaritane.Sa festa, quel 12 Aprile, fíara cuminzendi.I venditori autorizzati iniziavano ad allestire i tavolini in Piazza Amsicora. Al capolinea del 5 iniziavano i cori mentre spostavano alla fermata del 6 di Via della Pineta quel mitico filobus verdone con le antenne elettriche perche’ non disturbasse il flusso dei tanti tifosi attesi. Sul paraurti posteriore di quei pulman, pare avessero visto, nel tempo anche dei giovani giocatori del Cagliari o dell’Amsicora di hockey appiculati in free-ride, oltre che ai soliti gaggi-residents di Sant’Elia.Li in Piazza Amsicora nei giorni feriali ci si dava appuntamento per prendere il 5 e andare dai boy-scout o a giocare a basket al cortile “A.Riva” dietro Piazza Garibaldi, ma li in Piazza Amsicora era anche dove la Domenica in cui giocava il Cagliari era tutta un’altra storia.Li’ c’erano i tavolini e le bandiere, i cuscinetti imbottiti rosso-blu’ dove poggiare le natiche sul freddo cemento o sul legno bagnato, li si faceva la sosta per comprare i semini salati, i ceci e le altre cose da sgranocchiare durante le partite del Cagliari.E quando andava bene, quindi quasi sempre in quel secondo lustro degli anni sessanta, dopo la partita del Cagliari Nonno o Papa’ ci invitavano sempre con la solita frase “ Mi sa’ che ci scappa anche il gelatino al bar di Gaviano”.
Il fermento era palpabile gia’ verso le 10 tra le rocce di via Cagna e il ‘parcheggio’ sterrato di Via Baccelli, il palazzo dei Casano e dei Ferrero all’angolo di Via dei Salinieri.Dai paesi iniziavano ad arrivare le macchine dei tifosi.Quella del 12 Aprile 1970 era una Domenica specialissima. Tutto profumava di festa. Come se fosse il tuo compleanno e il giorno di Natale.Di piu’, molto di piu’:il Cagliari poteva diventare campione d’Italia! Se batteva il Bari e la Juve non vinceva a Roma con la Lazio) saremo diventati matematicamente Campioni d’Italia con due giornate di anticipo, capito ? Campioni d’Italia, con due giornate d’anticipo!Il sogno si stava per realizzare per noi sardi in Sardegna e per quelli in tutto il mondo che seguivano quel magnifico Cagliari. Ma era il sogno anche di tutti i ‘continentali’ che avevano iniziato a tifare Cagliari perche’ conquistati da quella squadra ‘simpatia’ guidata da quel gran filosofo chiamato Manlio Scopigno e trascinata dal piu’ grande attaccante di tutti i tempi della nazionale italiana, Gigi Riva.Io mi pregustavo la grande festa e non vedevo l’ora, come tutte le Domeniche da un lustro a quella parte, di andare all’Amsicora, in tribuna laterale, entrando tenuto per mano da papa’.Era tradizione per noi maschietti tutte le Domeniche nella quali il Cagliari giocava in casa. Si andava all’Amsicora in cricca: fratelli, zii e cugini sotto la direzione de Nonnu Porcella e la sua cerchia di amici. Io in genere ero incaricato di portare la busta di arance sanguigne di Villacidro e Gonnosfanadiga che poi mangiavamo durante la partita alternandole ai semini di zucca che nonno ci comprava fuori dallo stadio, la’ sotto la tribuna alberata. Quella sosta un’ora prima della partita era un rito preparatorio prima di entrare nel nostro piccolo teatro. Cosi come per tradizione c’erano le barzellette che Nonnu Porcella raccontava tra il primo e il secondo tempo stando al centro del gruppo nella prima entrata della tribuna laterale.Ancora non sapevo che quella storica Domenica doveva riservare delle emozioni uniche e sproporzionate anche per un ragazzino di 11 anni come me.
Durante la messa, seguita con impazienza perche’ gia’ pensavo all’imminente ‘gita’ all’Amsicora, fui distratto da un rullo di tamburi inconfondibile. Era arrivata la banda di Marius, il super tifoso del Cagliari !Mamma e Papa’ erano due file avanti nei banchi e speravo non si accorgessero di me.Durante il Padrenostro mi sfilai dal banco e uscii fuori dalla chiesa avvicinandomi alla banda che si era piazzata all’angolo con Via dei Salinieri e aveva gia’ iniziato la sarabanda. Osservavo divertito la grancassa, la tromba, i tamburi e i canterini solisti.Mi avvicinai quasi a toccare il capobanda.“Signor Marius, sono il figlio del Prof. Porcella, il professore di filosofia del Siotto che ogni giorno viene a prendere il cafe’ nel suo bar” gli dissi impunente.Marius mi accarezzo la testa sorridente prima di dare via al nuovo ritmo. Ta-ta-tatarara-tatatatatatarara ta ta tarara- ta bella titta chi portas o zeraacca ta bella titta…For-za Ca-glia-ri for-za-ca-glia-ri
Era poco piu’ di mezzogiorno, dovevo rientrare veloce a casa per mangiare un boccone perche’ all’una c’era l’appuntamento sotto casa con Nonnu Porcella. A casa a tavola ero un grillo che saltava da una parte all’altra noioso. Mia madre mi lancio’ uno sguardo severo per calmarmi. “Pietrino, oggi non ti ho visto fare la comunione. Dov’eri ?”“Ehm…dovevo fare la pipi’ e sono uscito un attimo dietro la chiesa.” risposi io mentendo ingenuamente.“Cooosa ? Sei andato via dalla messa prima della benedizione ? Allora la messa non ti e’ valida, devi riandare stasera alle 7,30. Li hai finiti i compiti ?”“ Eeeh…li faccio stanotte…”“ No, basta, niente stadio, questa volta sei punito.”La mia reazione incredula fu scomposta.“ No mamma non puoi farmi questo allora sei cattiva.”“ No, mi dispiace figlio mio, questa volta sei punito altrimenti non imparerai mai”.Papa’ era gia’giu’ e mamma dalla finestra gli fece cenno che poteva andare di non aspettarmi che ero punito.
h.2,25. Ancora incredulo per la punizione, tenuto in ostaggio in cucina sentivo gli altoparlanti dell’Amsicora, gracchianti, squillare le formazioni:“ Formazione Cagliari:Albertosi, Martiradonna, Zignoli, Cera, Niccolai, Poli, Domenghini Nene’ Gori, Greatti, Rivaaaaa….A disposizione: Reginato, Brugnera, Mancin, Nastasio.Il boato mi entrava nelle orecchie. Io friggevo incredulo, pensando che li a 200 metri da casa si stava realizzando il sogno ed io, per la prima volta negli ultimi quattro campionati, stavo perdendo la partita piu’ importante.Passo’ una mezzoretta, ero tra la finestra aperta e il tavolo di cucina, col quadernone dei compiti e la radietto di papa’ accesa, pronto al collegamento che ci sarebbe stato a fine primo tempo con “tutto il calcio minuto per minuto”, quando un boato fece tremare la finestra di cucina.“Gooool” quel boato era inconfondibile, avevamo segnato. Mi affacciai per capire meglio ed un ragazzo che aveva seguito il bocca a bocca che partiva da chi aspettava fuori dalla curva, urlo’ di corsa: “Ha segnato GiggiRRiva…di testaaa… !!”Io esultai … ma non potevo resistere ulteriormente e guardavo dov’era mamma in cucina pronto a tentarmi la fuga. Lei rientro’ repentinamente dal cucinotto dove stava lavando i piatti e domando’ ” Cosa e’ successo ?” Io la guardai con occhi supplicanti, forse me li stropicciai prima per fare uscire una lacrimuccia e la implorai:“Mamma, ha segnato il Cagliari, stiamo per vincere il campionato, ma non lo capisci ? E’ lo scudetto tricolore! “ Lei mi riguardo’ intenerita e finalmente mi disse:“ Va bene vai, ma torna subito dopo. Non fermarti dalla gente o a chiedere autografi perche’ potrebbe essere pericoloso. Se poi papa’ torna e non ci sei lo sai che si arrabbia.”Non aveva finito di parlare che io ero gia’ volato giu’ dalle scale. Feci i cento metri di Via Cagna che mi separavano dallo stadio alla Mennea.La fuga verso la curva Ovest, dove sapevo a fine primo tempo avrebbero aperto i cancelli duro’ meno di due minuti. La calca era pazzesca. Almeno una trentina di file di persone si erano ammassate sotto la curva. Non potevo vedere nulla davanti. Alzavo lo sguardo e vedevo la tribuna di tubi innocenti stracolma e vibrante. Spingi che ti rispingi guadagnavo posizioni, dovevo arrivare di fronte a quella marea di gente per veder qualcosa e poi fare l’invasione di campo. Io piccolo e mingherlino (forse un metro e trenta a 11 anni) mi infilavo tra una persona e l’altra sgattaiolando prima che mi bloccassero. Non vedevo nulla ma sentivo i rumori e i boati del pubblico.Dovevo arrivare, dovevo arrivare in prima fila per essere poi in testa all’invasione. Finalmente ci arrivai, mancavano sei minuti alla fine ed ero appiccicato alla rete di confine.Gori, Gori gool, 2 a 0, e’ fatta ! Ne approfittai per scalare la rete e piazzarmi in cima al paletto che la teneva. Triplice fischio dell’arbitro. Salto giu’ e inizia la corsa pazza gioiosa sul prato dell’Amsicora. Mi fermo un attimo sulla meta’ campo per strappare un pezzetto di erba dell’Amsicora che conservero’ tra i miei cimeli… e poi continuo a correre felice, estasiato come se fossi in contropiede a inseguire i giocatori che rientravano festanti verso gli spogliatoi cercando di non essere svestiti dal pubblico in delirio.Ma non volevo fermarmi e mi diressi anche io verso il sottopasso.C’era pero’ un cordone di carabinieri in tenuta nera con la fascia bianca che chiudeva il passaggio e faceva da protezione a giocatori, giornalisti, arbitro, segnalinee e dirigenti autorizzati a scendere negli spogliatoi per la festa.“Chissenefrega, me la tento” pensai. Mi tuffai basso sotto le braccia di due carabinieri che non potevano mollare la presa per acciuffarmi, col rischio di spezzare il cordone tra la folla che pressava. Non mi agguantano, mi rialzo e scendo giu’ dal sottopassaggio facendo tre scalini alla volta e dirigendomi verso quello spogliatoio del Cagliari che ben conoscevo perche’ andavo sempre a prendere gli autografi dopo gli allenamenti. Davanti agli spogliatoi c’era un capannello ululante di dirigenti, politici, giornalisti, fotografi, amici dei giocatori che pressavano per entrare e festeggiare anche loro quell’incredibile scudetto.Ero schiacciato accanto a un omone sbraitante. Era Walter Chiari, l’attore famoso, amico di Domenghini, che come si apre una porta laterale il massaggiatore Domenico Duri lo tira dentro…. con me attaccato alla tasca della sua giacchetta.Incredibile, ero anch’io dentro gli spogliatoi con Riva, Gori, Domenghini gia’ seminudi sotto la doccia con una bottiglia di champagne…Davanti a me c’era Nene’ che si stava spogliando per raggiungere l’abbraccio dei compagni.
“Nene’ , Nene’….la maglietta… “ gli urlai.
Lui mi guarda sorridente ricacciando la maglietta sul borsone e mi risponde “ Questa la tengo io per ricordo. Guarda li, il calzettone di Gigi Riva” indicando un calzettone fradicio sul pavimento.
Lo afferrai al volo prima di essere ‘bogato’ a son’e’ corru .Uscii esultante dalla porta in ferro di Via dei Salinieri straripante di gente, urlando ingenuamente “Il calzettone di Gigi Rivaaaa !”. Subito due-tre mani lo afferrarono cercando di strapparmelo.Dovetti morderle furioso per far staccare la presa e col cuore in gola scappai verso casa per poter nascondere il mio cimelio prezioso.Entrai in camera mia, presi la valigetta degli autografi e vi aggiunsi il ciuffetto di erbetta dell’Amsicora, poi mi sdraiai sul letto sognante, infilando sulla gamba sinistra quel calzettone di GiggiRriva che mi arrivava fin sopra il ginocchio.Mamma entro’ in camera per assicurarsi fossi rientrato e fosse tutto a posto. Sapeva gia’ tutto anche se non era una sportiva. Mi vide sdraiato con quel calzettone sporco indossato con gioia.Mi sorrise accarezzandomi e allungando la mano come per sfilarmelo:“ Dai, dammi qua’ che te lo lavo…”Maaa…no, lasciamelo, lasciamelo cosi’, c’e’ il sudore dello scudetto “.Il sudore dello scudetto.Era stato uno scudetto unico e speciale per Cagliari, per la Sardegna, per i sardi nel mondo, per tutti gli amanti, in Italia e all’estero, di quella grande squadra-simpatia di provincia. Una squadra con campioni e operai che brillava per unita’, armonia e sportivita’. La prima che aveva vinto il titolo italiano contro le grandi potenze delle citta’ metropolitane.E lo aveva fatto con la sola forza d’animo dei suoi giocatori, dei suoi dirigenti e l’entusiasmo del suo popolo.