Nuraghi e “Bronzo Recente”_di Tarcisio Agus
I nuraghi monotorri gradualmente lasciano spazio ad edificazioni più complesse, con l’aggiunta di nuove torri, bastioni e cortili, per dare vita ai nuraghi complessi. Siamo intorno al 1300 – 900 a.C., questa fase viene anche chiamata del Bronzo Recente.
Questa evoluzione che interessa una parte importante dei nuraghi monotorre, ora vengono definiti Polilobati, perché alla torre centrale, Mastio, si aggiungono altre torri chiamate lobi, diventando, a secondo del numero di torri, bilobato, trilobato, quadrilobato o pentalobato.
La nuova espansione del nuraghe accresce gli spazi di vita al suo interno, nuove torri e articolati cortili, ove sovente trova collocazione il pozzo che rafforza la tesi del nuraghe baluardo di difesa e controllo del territorio, ma come vedremo, alcuni ritrovamenti fanno pensare che i nuraghi complessi avessero ulteriori funzioni oltre la difesa. I polilobati, poi, non si limitano ad ampliare le torri, ma si rafforzano con la edificazioni di possenti antemurali, dotati di altrettanti torri di difesa.
Il perché di questa evoluzione forse è data da nuovi flussi migratori che minacciavano le popolazioni indigene, oppure assistiamo ad una nuova era culturale, rappresentata dal nuraghe che da simbolo del popolo e delle comunità territoriali si evolve in struttura complessa e di servizio alle stesse comunità, oltre la difesa.
Parrebbe che in questo periodo gli Achei o Micenei (popolazione ellenica che invase la Grecia nel II millennio a.C.), fossero interessati all’isola in particolare per i suoi giacimenti minerari.
Popolo di mercanti, guerrieri e naviganti sono entrati in contatto con la nostra isola, tramite gli scambi commerciali, ma anche culturali, perché la Civiltà Nuragica, come Popolo del Mare, ormai acclarato, era pienamente integrata nella vita del Mediterraneo del tempo. Le testimonianze con il mondo Miceneo sono tante, come abbiamo già potuto osservare, la tecnica costruttiva della Thòlos ci accomuna, anche se in Sardegna, come già visto, ha un’altra funzione, non solo architettonica, che caratterizza l’intera isola per la sua originalità ed uso, con l’erezione degli oltre 7000 nuraghi.
Altro elemento, sono le ceramiche micenee recuperate nei diversi nuraghi, in particolare si ricordano quelle rinvenute nel nuraghe Antigori, presso Sarroch, sulla costa meridionale dell’isola, ma non mancano altri elementi, come il vaso antico per gli oli e i profumi meglio noto come Alabastron, rinvenuto nel nuraghe complesso Arrubiu di Orroli.
Mentre a Decimoputzu, nel sito Mitza Perdia, venne rinvenuta una testina in avorio, raffigurante un personaggio con elmo simile ai guerrieri achei.
Così pure risultano interessanti i vaghi di collana emersi nello scavo della Tomba di Giganti, Sa Grutta de Santu Giuanni, presso la località San Cosimo a Gonnosfanadiga, datati da un importante studioso miceneo, il Brea, al 1375 a.C.
In questo periodo per molti studiosi l’isola è il crocevia dei traffici tra l’oriente e l’occidente.
La Sardegna è parte integrante delle Isole in mezzo al Verde Grande, termine che gli Egizi utilizzavano per indicare la regione di provenienza dei Shardana e degli altri Popoli del Mare, come i Lici dall’Anatolia; gli Achei dalla Grecia, i Siculi e i Tirreni, per stare nel bacino centrale del Mediterraneo, come ci ricorda i Prof. Giovanni Ugas, nella sua straordinaria opera: Shardana e Sardegna – I popoli del mare, gli alleati del Nordafrica e la fine dei Grandi regni ( XV -XII secolo a.C.).
È anche il periodo in cui molti nuraghi, oltre che ampliarsi, vedono nascere a ridosso degli antemurali nuovi villaggi, vedi Su Nuraxi di Barumini; il Losa di Abbasanta, il Nuraghe Arrubiu di Orroli; il Santu Antine di Torralba; il Nuraghe Su Mulinu di Villanovafranca, il nuraghe La Prisgiona di Arzachena, il Nuraghe Seruci di Gonnesa; il Nuraghe Genna Maria di Villanovaforrru e tanti altri. Questa nuova articolazione del nuraghe, con l’espansione, in continuità esterna dei villaggi, apre nuove ipotesi sull’evoluzione politico – culturale del mondo nuragico.
Sembrerebbe abbandonarsi, in parte, quella articolazione data dai villaggi distribuiti sul territorio e costituiti in ambito cantonale, all’apice del quale il nuraghe si erge a testimonianza dei nuclei presenti e della vigilanza degli stessi.
La centralità della Sardegna nel Mediterraneo, come detto, è divenuta importante crocevia dei traffici tra l’oriente e l’occidente, ponendo le popolazioni a contatto con nuove genti e culture, il che farebbe pensare ad una maggior difesa ed un ruolo più comunitario dei nuraghi, ove non solo risiede il capo tribù, ma si spostano nei nuovi nuclei, costituiti dal nuraghe polilobato e villaggio, riti e funzioni. A questa ipotesi ha contribuito lo scavo scientifico avvenuto nel 1988, del nuraghe complesso Su Mulinu a Villanovafranca, Nel vano E, localizzato nel livello inferiore del bastione, si rinvennero preziosi elementi che davano testimonianza della pratica di cerimonie sacre al suo interno. Si rinvenne, nella fortunata campagna di scavi, un grande altare in arenaria, provvisto di vasca, che riproduceva lo schema planimetrico, in elevato, del bastione del nuraghe. Con due facce a vista coronate da oggetti in bronzo. Anche in questo scavo il ritrovamento di una ciottola dipinta ci rimanda alla penetrazione dei modelli culturali Egei, a ulteriore conferma della stretta relazione tra la Sardegna ed il mondo Miceneo.
Quindi il nuraghe diventa sempre più castello, antesignano dei meglio noti castelli medioevali.
I complessi nuragici così articolati rappresentano le nuove realtà, presso i quali stava in simbiosi il capo tribù, i sacerdoti, i guerrieri ed il popolo.
Tutto ciò farebbe pensare ad un maggior bisogno di vicinanza, legato appunto alla difesa o ad un dialogo più ravvicinato tra il popolo e i capi tribù, impegnati, come vedremo in questo periodo, con gli altri Popoli del Mare, in Egitto. Quindi un maggior controllo politico. A detta di alcuni studiosi, la presenza della capanna dei capi nei villaggi addossati agli antemurali dei nuovi nuraghi, vedi per esempio Su Nuraxi a Barumini o quello più vasto del nuraghe Seruci a Gonnesa, avvalorerebbe tale ipotesi. Forse non era più sufficiente l’incontro dei capi nella capanna presso i santuari, durante le celebrazioni rituali, ma i nuovi bisogni ed esigenze necessitavano di un maggior contatto con il popolo, per le decisioni da assumere con la rappresentanza sociale del territorio di riferimento.
Così pure potrebbe trattarsi di un maggior controllo delle produzioni e dei depositi alimentari che nei villaggi si praticavano e custodivano entro il loro schema centripeto, con le costruzioni poste l’una tangente all’altra ed affacciate su uno stretto viottolo d’accesso comune. Diverse capanne erano destinate a depositi per la presenza di grossi dolia, altre ospitavano macine di varie forme, destinate ad attività di tipo artigianale, come la panificazione, ma non solo, la presenza di bacili e strumenti diversi fanno pensare agli artigiani del legno, alle produzioni di indumenti ed alla metallurgia.
Proprio in questo periodo sappiamo dell’importanza data alla ricerca dei minerali metalliferi e delle produzione ad esso legate, come il bronzo. Prodotto di grande rilevanza, ampiamente utilizzato nel mondo Nuragico ed ottenuto dalla composizione di due importanti minerali di rame e stagno.
Il rame, oltre la grande miniera di Funtana Raminosa (fonte del rame) a Gadoni, in Sardegna lo si ricava attraverso la Calcopirite, minerale composto da rame, ferro e zolfo, pressoché presente su tutte le aree minerarie più importanti, da Calabona di Alghero nel nord Sardegna, passando per Lula, il Sarrabus Gerrei, i Sulcis Iglesiente ed il Guspinese Arburese. Mentre lo stagno, localizzato nelle miniere di Canali Serci e Perdu Cara sul Monte Linas, lo si ricava dalla Cassiterite, biossido di stagno. Essendo quest’ultima spesso associata alla Calcopirite, possiamo ritenere presente in diversi siti minerari, come Montevecchio, Ingurtosu, Fluminimaggiore e negli altri giacimenti della Sardegna. Per il grande uso del bronzo in Epoca Nuragica, resta ancora forte la tesi dell’importazione dei prodotti primi, in particolare da Cipro arrivava il rame, testimoniato dal ritrovamento del lingotto a pelle di bue (Oxhide), presso il nuraghe Serra Ilisci a Nuragus, con i segni dell’alfabeto cipro-minoico, mentre dalla Cornovaglia o dall’ Iberia arrivava la Cassiterite.
Gli studi e le ricerche delle attività estrattive e minerarie nel mondo nuragico stanno progredendo grazie agli ultimi ritrovamenti ed allo studio più attento degli antichi siti, non ultimo è il contributo dato dal Parco Geominerario nella ricerca, presso il giacimento di rame di Sa Marchesa, a Nuxis. Nella grotta di Acquacadda, a ridosso del filone minerario, è stato rinvenuto, sotto la guida scientifica del Prof. Ricardo Cicilloni, un tappetto di frammenti di ceramica Monte Claro ( 2300 – 2100 a.C), periodo considerato per la metallurgia già evoluto, in particolare la ricerca tende a ricostruire il passaggio dall’Età del Rame all’Età del Bronzo e capire quale ruolo quest’ultima abbia nella formazione della successiva Civiltà Nuragica.