Quando il cuore torna a casa_di Biagio Arixi
Quando ci si allontana dal luogo dove gli anni più belli hanno posto radici, segnando nella memoria tracce profonde, si provano sempre inaccettabili mortificazioni.
Nell’intimità, se cisi riavvicina, rimangono le vecchie immagini della vita: galleggianti visioni che rendono pungenti i sentimenti per persone o cose, legate nell’identico filo alle abitudini, alle tradizioni.
I confini della mia isola, pur da lontano, m’incatenano e come l’eroe di Itaca – ogni giorno, ogni notte – io ascolto i canti fatati delle sirene, misterioso richiamo di magie. E così, gioiosamente, sento gli odori della campagna; e con nitidezza distinguo i colori abbaglianti della natura, tanto che il cielo terso, lasciato nei ricordi prima dell’involontario esilio, riappare puntualmente sopra di me. E, quando poi, più acute nell’eco si fanno le voci familiari, ecco le fonti incontaminate degli esempi antichi, a rendermi partecipe alla vita dei miei conterranei.
Sardegna, ahimé! Luogo del cuore. Sono ritornato e mi riappari, adesso mentre scrivo, in tutta la tua prorompente bellezza. La tua forma, che vista dall’alto assomiglia a un’orma lasciata da un gigante, è chiara, selvaggia e stupendamente attraente.
Nella terra dei colori, dove anche le pietre, senza essere scolpite, diffondono la musica del vento, c’è anche “Il paese dell’amore” – così lo ha definito un lungimirante scrittore-editore, che ha dato un volto “ All’Isola che c’è” e che mi ha chiesto di trovare le parole per descrivere queste mie impressioni e sensazioni.
E’ Villasor, il mio paese natio. Dove la mente continua a richiamare fatti e luoghi che erano già stati collocati nel solido scrigno dell’oblio: la scuola elementare; la scala buia e rustica dell’alto campanile; il fiume quasi asciutto col folto canneto dirimpetto. Paese dove sono cresciuto e dove ho assaporato il gusto del proibito. Il mio paese privo di monumenti, ma sempre vivo per cose più eccitanti. Paese carico di seduzione. La bassa e semplice casa di mia madre senza meraviglie, tranne i profumati gelsomini e le bouganvillea rigogliose tutto l’anno.
La casa, nel paese dell’amore, che ha accolto i personaggi più in vista degli anni 70. Primi fra tutti i giocatori del Cagliari, innalzati a dèi, dopo la vittoria del primo scudetto. Percorrendo la statale 196, su potenti e rombanti Alfa Romeo, in un battibaleno erano a Villasor per festeggiare tutti insieme il fuoriclasse brasiliano Pelè, che Nenè, Gigi Riva, Roberto Boninsegna, Franco Rizzo e Bruno Visentin avevano trascinato da me, per gustare gli arrosti allo spiedo, cucinati da mia madre.
Una madre saggia che ha dato senso anche alla mia vita di poeta, con il suo coraggio e la sensibilità di regalarmi, prima d’ogni altro bene, il senso della libertà. Libertà di cui non ho abusato mai perché ho coltivato l’amicizia come fosse un sentimento amoroso.
Nessuno avrebbe mai creduto che, un amico vero, sul quale potevi sempre contare, perché conosceva le dinamiche del tessuto sociale sardo, riuscisse a far venire da New Dehli a Cagliari Tara Gandhi, unica nipote vivente del Mahtma Gandhi: donna di Pace e libertà. Così con la magistrale opera di Giorgio Ariu, Tara ha potuto scoprire la terra dei silenzi: così aveva definito l’isola sarda.
E non possono mancare all’appello quegli artisti di fama internazionale come Irene Papas, Maria Carta, gli scrittori Milena Milani e Dario Bellezza; Rocco Barocco e Gil Cagnè. Personaggi avvezzi ad essere accolti ed osannati ma che in Sardegna amavano andare alla ricerca di quelle tradizioni popolari e gastronomiche che ci hanno resi famosi nel Mondo. Perché solo in Sardegna puoi gustare: – il porchetto arrosto col mirto – i ravioli di ricotta e zafferano – i malloreddus fatti a mano col sugo di salsiccia – il pescato di giornata e il dolce tipico al miele: i seadas.
Non soltanto Villasor è “ il paese dell’amore”. Perché tutta la Sardegna è amore emanato dai suoi profumi, dai suoi colori, dalle antiche pietre dei Nuraghi, ma soprattutto da un popolo forte e tenace che ha sempre allontanato i compromessi storici per conservare la propria – sardità -.
E’ innegabile che la terra d’origine imprima sull’individuo un marchio indelebile che sviluppa il carattere, la coscienza e l’intelletto. E anch’io non sono indenne da questo marchio: perché la Sardegna, terra dei silenzi, ha sviluppato in me, sin dalla prima gioventù, la voglia di gridare a squarciagola, un milione di volte: ”Sono sardo e me ne vanto”.