Quando Battiato mi ospitò a Cuglieri_di Giorgio Ariu
Con questa faccia tutta naso e fari fece del cabaret a Milano con Catania alle spalle e lo scontrino della fame dentro la pancia. Ma non fu per questo che avanzò il Battiato rivoluzionario.
La chitarra era lì davanti che reclamava un nuovo impiego, magari fatto di sperimentalismi, e ricerche di suoni dalle fonti popolari.
Il passo a Parco Lambro come svolta dopo avere vinto i complessi della timidezza e del sentirsi brutto.
Passò anche per il Bastione, sponsor il partito radicale.
Suonava per pochi e i testi non erano lì per trovare il giusto rapporto artista-pubblico, mancava il feeling, l’ensemble.
Stockhausen e soprattutto la determinazione di mutare il linguaggio gli spianarono la strada verso il centro di gravità permanente. Il suo equilibrio. Con la serenità, la maturità raggiunte era ormai destinato a far cantare e ballare folle in delirio. Ora le ragazze lo trovano sexi, chi lo avvicina ricco di fascino, i critici stupendo, i discografici il più grande business della discografia italiana: 700 mila copie vendute del suo ultimo ellepi, 1 milione di seguaci coi pugni alti catalogati nel giro estivo.
“Eppure non sono cambiato dentro, ho solo capito che dovevo legare col pubblico; la mia vita non è mutata: studio moltissimo, comprese le lingue, adoro l’arabo perché noi siciliani abbiamo certe radici… Ecco non so più come è fatta una discoteca, i momenti di relax preferisco spenderli in casa, in pantofole, con mia madre».
Magrissimo com’è in divisa bianca con lo sguardo pulito e intelligente s’avvicina agli angeli: è generoso anche nel dialogo, non ama la plastica, mira diritto a bersaglio e con candore. Come gli arabi si mette sempre per ultimo: egli è, tu sei, io sono. E chiede di te, lui non conta.
Qualcuno dice che come uomo non ha difetti, come compositore s’avvicina ai grandi stilisti: sublime nella sintesi e nelle immagini che sa creare con un linguaggio incredibilmente musicale.
E non è vero che le parole son messe lì quasi a caso, per la sonorità: «è vero, ma a me non importa precisare il loro ruolo; mi sta bene che ognuno le interpreti in modo diverso».