Meo Sacchetti, più sardo di così_di Nando Mura
Il commissario tecnico che ha riportato la nazionale di basket all’Olimpiade dopo un buco di tre edizioni, Meo Sacchetti, è una persona molto speciale. Intanto è un profugo: la sua famiglia era emigrata dal Bellunese in Romania e aveva fatto ritorno in Italia nel Dopoguerra ed era stata accolta nel centro profughi di Altamura, in provincia di Bari, dove Meo è nato (nella baracca numero 5) nell’agosto del 1953. Poi perché l’allenatore che ha condotto la Dinamo Sassari allo scudetto del 2015 (e alla conquista di due Coppe Italia e una Supercoppa) ha scelto di vivere in Sardegna: come Gigi Riva, come Fabrizio De Andrè, come (esagerando un po’) Giuseppe Garibaldi: ad Alghero Meo ha casa e residenza, di Alghero è anche cittadino onorario.
Si sente sardo, e un po’ lo è: nei suoi silenzi, nella sua modestia, nella sua straordinaria capacità di farsi volere bene. Ha scritto una biografia, che ho avuto il piacere di sottoscrivere con lui, che ha intitolato “Il mio basket è di chi lo gioca” perché ha sempre attribuito i meriti dei suoi successi ai suoi giocatori. Che però con lui danno sempre, nella Dinamo come in Nazionale, molto di più. Amato e rispettato per la sua genuinità.
La vita, ha scritto nella biografia citando una famosa frase di Gigi Riva, mi ha ben presto detto di arrangiarmi. E lui l’ha fatto, senza mai piangersi addosso, anche se la sua infanzia in quel campo profughi prima dell’emigrazione a Novara, non dev’essere stata quella di un principino. Sacchetti ama il buon basket (il cosiddetto “run and gun”, il corri e tira, quello più genuino e spettacolare, quello dei bambini che non puoi incatenare negli schemi) ma anche il buon cibo e il buon vino.
Ha voluto conoscere personalmente Gigi Riva ma anche Gigi Riva, nel periodo d’oro della Dinamo, aveva espresso il desiderio di incontralo. Io ero lì, tra loro, tra questi due giganti (che hanno molte cose in comune, l’infanzia infelice, l’essere orfani da bambini, le radici nel Varesotto) quando Riva chiese a Meo come erano arrivati in campionato e Meo rispose secondi e Riva ribattè con un benaugurante che anche il Cagliari l’anno prima di vincere lo scudetto era arrivato, come la Dinamo, secondo.