Novembre 24, 2024

Nuraxi Figus e Serucci le miniere dal grande potenziale_di Tarcisio Agus

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Per gentile concessione dell’amministratore della Carbosulcis Francesco Lippi, lunedì 18 scorso, accompagnato da Ciro Pignatelli, Pier Paolo Vargiu e Nello Melis, abbiamo potuto visitare gli importanti siti minerari di Nuraxi Figus e Serucci.

Due grandi complessi estrattivi del vasto giacimento carbonifero del Sulcis.

La miniera alle porte di Nuraxi Figus detta anche Monti Sinni, ha cessato la sua attività nel 2019, mentre Serucci operò sino agli inizi degli anni 90.  I due complessi industriali facevano parte negli anni 40 delle 5 grandi miniere “Littorie” che miravano alla produzione di 5 milioni di tonnellate di carbone annuo.

Conoscevo già la miniera di Nuraxi Figus perché ebbi modo di accompagnare un gruppo di operai del tessile di Villacidro che occupavano la ciminiera della SNIA il 6 gennaio del 1993, per  solidarietà con i minatori della Torno che nello stesso momento occupavano un budello minerario a  quota meno 400. Ricordo ancora l’infelice gaffe, al termine del mio intervento, vista la giornata dell’epifania, auguravo che l’Epifania non portasse loro il carbone. Venni assalito da un coro di voci contrarie che invece auspicavano portasse loro tanto, ma tanto  carbone per anni a venire. Era la loro vita, nonostante i grandi rischi e le fatiche che ancora il minatore doveva patire nel duro lavoro.

Ambedue complessi oggi sono in uno stato di degrado, molto più Serucci, con quelle splendide strutture abitative e di servizi. Meno problematico il Cantiere di Nuraxi Figus che con un manipolo di operai e tecnici tentano di portare il cantiere a nuova vita.

Dopo averci preparato alla sicurezza con Alessandra Putzolu e forniti della dotazione relativa: tuta, scarponi, parastinchi, casco e ossigeno, alla guida di Stefano Farenzena e di Nicola Lami, addetto alla sicurezza, abbiamo incontrato il direttore della miniera Paolo Podda che ci ha illustrato le vicissitudini storiche del complesso minerario e delle possibili prospettive in atto.

La visita ha avuto inizio presso uno dei capannoni dismessi della laveria della Carbosulcis, dove siamo stati ricevuti da Federico Gabriele dell’Istituto di Fisica Nucleare e dalle due assistenti. Valentina Cocco e  Anna Steri,  impegnati nel Progetto Aria, considerato tra i più interessanti a livello internazionale. Grazie alle spiegazioni di Federico Gabriele e al supporto delle valide collaboratrici sarde abbiamo preso coscienza dell’importantissimo progetto, unico al mondo con questa tecnologia. L’occasione è stata  propizia per poter  visitare il prototipo in scala ridotta  che ha già consentito ai ricercatori di ottenere importanti riscontri e risultati inattesi. In concorso con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, promotore scientifico del progetto, la Princeton University e la Regione Sardegna, il Progetto Area, così come riportato dalla Carbosulcis,  porterà alla produzione di isotopi del gas argon, richiesti in grande quantità perché essenziali per lo studio della materia oscura all’interno del programma nazionale Darkside avviato nei laboratori del Gran Sasso. Il complesso sistema  interesserà i due cantieri minerari di Nuraxi Figus e Serucci. In quest’ultimo nel pozzo n.1 verrà installata la Torre Criogenica, costituita da un sistema di moduli cilindrici che raggiungerà l’altezza di 350 metri.

Da questo impianto verranno dei prodotti di grande interesse scientifico ed economico, fortemente richiesti dai mercati internazionali che fanno ben sperare per un nuovo orizzonte produttivo.

Ora è urgente portare a compimento l’opera perché altri nel mondo vi si stanno cimentando ed è importante arrivare primi sul mercato. Questo aspetto è emerso chiaramente nell’incontro, ci vorrebbe un ultimo apporto  di maestranze che sostenesse la Carbosulcis nell’ultimazione dei lavori.

Lavori che abbiamo potuto valutare nell’ultima parte della nostra visita,  dopo aver percorso i circa 4 km in sottosuolo che unisce i due cantieri minerari; siamo usciti proprio dal Pozzo n.1 di Serucci dove sono in corso la predisposizione dei palchi in acciaio ai quali verranno agganciati ed assemblati i cilindri che costituiranno la grande torre.

Interessante è stato vedere quanto le strutture storiche ed i vecchi macchinari, come l’imponente argano dei primi del 1900, siano ancora funzionali ed indispensabili per una riconversione moderna.

Le due miniere e le vecchie strutture recuperate  poste al servizio delle nuove opportunità sarebbero anche un importante esempio di attenzione al paesaggio, con  nuova attività produttiva, purché non si ripeta il grande errore del passato. La materia prima estratta non dovrà più essere interamente ceduta all’esterno, ma bisogna fare ogni sforzo per una concreta verticalizzazione  sul territorio.

La visita ci ha visti immersi nel vasto sottosuolo oggi oggetto di messa in sicurezza ed asporto di tutte quelle parti meccaniche non più necessarie, ma è stata anche l’occasione per capire  gli altri progetti in corso come lo stoccaggio dell’Anidride Carbonica da utilizzare poi per la produzione di energia elettrica ad integrazione di un progetto di fotovoltaico nelle aree dismesse, nonché la produzione della Spirulina che utilizza le acque sotterranee con temperatura di 40 gradi centigradi. La Spirulina è un’alga azzurra unicellulare  oggi venduta in forma di compresse, polveri o fiocchi  è utilizzata come fonte di vitamina B12 e proteine di origine non animale. Importante elemento farmacologico al quale sono stati attribuiti: prevenzione del cancro, cura delle infezioni, lotta alle allergie, protezione del fegato, aiuto per migliorare i livelli del colesterolo nel sangue.

Progetti che potrebbero trainarne altri ma dobbiamo crederci perché se la visita ci ha aperto alla speranza lo sguardo in generale delle due aree minerarie è a dir poco desolante, impianti fatiscenti, splendidi complessi architettonici, una volta pullulanti di vita, oggi decadenti e in totale abbandono.

Bisogna sostenere le ricerche in atto con convinzione perché si possa passare dalla sperimentazione alla produzione, ponendo a disposizione tutte le cubature presenti per facilitare quella verticalizzazione necessaria alla produzione di valore aggiunto, di cui i territori ex minerari e la Sardegna  hanno forte bisogno.

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