Da Cortina Maria Irma Mariotti sul “Sole 24h” sino a “Via Mare”_di Valentino Pesci
Così come le università conferiscono a personaggi di prima grandezza le lauree honoris causa, l’Ordine dei Giornalisti potrebbe assegnare a Maria Irma Mariotti il titolo di “giornalista professionista” – oggi è giornalista pubblicista – per la sua militanza lunga una vita nel mondo della carta stampata, per le sue intense collaborazioni nell’arco di mezzo secolo con quotidiani e periodici, per la qualità della sua scrittura, per la sua ecletticità. E’ una giornalista al di fuori degli schemi tradizionali. Le va riconosciuta l’intuizione della cronista, la precisione nella scrittura frutto di un’attenta osservazione di fatti e comportamenti oltre a una profonda cultura.
Tutto questo unito alla fantasia di scrittrice capace di narrare e avvincere con la magia delle parole.
Percorrendo il suo lungo viaggio da giornalista, abbiamo trovato Maria Irma anche in veste di addetta stampa, di organizzatrice di sfilate di moda in Fiera a Padova e di mostre d’arte di prestigio. Quando le Associazioni albergatori di Bibione e Lignano hanno voluto ridare slancio al turismo delle due località si sono rivolte a Maria Irma Mariotti, che si trovava da quelle parti in occasione del premio Hemingway.
Una serie di impegni, insomma, che ha toccato ogni aspetto dell’attività giornalistica. Nel Veneto, soprattutto, Maria Irma Mariotti è stata una “firma” molto ricercata. Ha scritto per diversi periodici regionali: da “Veneto 7 giorni” a “Venezia 7”, da “Nord-Est “a “Specchio Economico”.
Lei, nata tra le vette della regina delle Dolomiti, ha collaborato a lungo anche con un periodico che più marittimo non si può. Si chiama “Viamare”, mensile di portualità, spiagge, viaggi e cultura mediterranea.
Per “Via Mare” Maria Irma ha scritto diversi articoli, con sullo sfondo acqua e personaggi legati al Veneto. E’ stato così, ad esempio, quando ha raccontato la storia della regina dei salotti letterari veneziani della prima metà del XIX secolo. Il titolo dell’articolo, molto centrato, era: “Isabella, la contessa venuta dal mare”.
La Mariotti inquadra così Isabella Teotochi Albrizzi, una donna che infiammò diversi cuori: “Eccola dunque qui la musa ispiratrice di Ippolito Pindemonte che, con un nome legato alla cultura cabalisticomassonica, la ribatezzò Temira, ovvero Saggezza. Ecco la Laura della prima stesura delle Ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo che, diciassettenne, la ebbe amante per cinque giorni, ma poi amica per tutta la vita” (Foscolo).
“La Storia della Letteratura italiana- aggiunge la giornalista– pur riconoscendone il ruolo di titolare di uno dei salotti letterari più importanti dell’Europa del tempo, ma ignorandone quasi le numerose e degnissime prove di scrittura, di lei non dice molto di più. Della sua vita parlano invece centinaia di lettere e di documenti e, quanto alla sua appassionante bellezza mediterranea, , niente di più eloquente dei versi dei poeti, delle righe dei tanti letterati ammessi alla sua piccola corte, divisa tra la dimora di Venezia e la villa di Mogliano (Treviso) e dei ritratti, naturalmente, fra cui un elaborato disegno (1816) di Antonio Canova e il delicatissimo olio (1792) di Elisabetta Vigée-Lebrun, la contesa pittrice francese riparata in Italia all’arresto della sua protettrice, la regina Maria Antonietta”.
L’articolo su “Viamare” venne pubblicato in occasione della presentazione del libro di Adriano Favaro, giornalista trevigiano, dal titolo “Isabella Teotochi Albrizzi” (Gaspari Editore, Udine).
Nella sua narrazione la Mariotti si appassiona alle vicende di Isabella, nativa di Corfù (1760), data in sposa a 16 anni, per imposizione dei suoi genitori, a Carlo Antonio Marin, patrizio veneziano di modeste sostanze. “A Venezia – scrive – la ragazza, dalle folte e inanellate chiome e dal vivo lampo negli occhi, sbarca nella primavera del 1778. Ha già un figlio ma i dissapori con il marito che non ama e sente vecchio, aumentano. Dopo una difficile convivenza con la parentela di lui, la coppia di trasferisce in San Salvador. Ed è dall’anonimo appartamento d’affitto di Calle dele Balotte che ha inizio la spettacolare scalata sociale di quella che Byron, esagerando forse un po’, definirà poi la Madame de Stael italiana”.
Isabella non resta, tuttavia, indifferente al vento di libertà che spira soprattutto in Francia. Nell’articolo questo aspetto viene rimarcato con forza: “pur continuando a frequentare le feste e i ricevimenti che, nonostante l’imminente caduta fanno di Venezia la capitale del divertimento mondiale, legge, studia, ascolta e prende le distanze dallo stereotipo della nobildonna veneziana, o bigotta o licenziosa”.
E dalla Francia arriva un nuovo amore. “Quando- racconta la Mariotti – per il Carnevale dell’88, arriva il barone francese Dominique Vivant De Non, a Venezia Isabella Marin è già al centro dell’attenzione generale, non tutta e non sempre benevola. Quarantenne, uomo di mondo e di cultura, intenditore e trafficante d’arte, incisore, futuro organizzatore del Louvre con Luigi XVIII ma, prima, coordinatore e nazionalizzatore dei bottini artistici di Napoleone (tanto da guadagnarsi
l’appellativo di ‘grande predatore’) e, al momento, imbattibile ‘charmeur’, De Non, presentatole dal senatore Angelo Querini, ne diventa subito l’amante e, via via, il Pigmalione”.
Il matrimonio va a rotoli e nel frattempo Isabella è tormentata dallamancanza di soldi, del “maledetto dinaro”. Isabella non si arrende e imprime una ulteriore svolta alla sua vita.
Il racconto della Mariotti continua così: “A questo punto Isabella comprende che il suo futuro di ‘femme savant’ sta nelle mani di uno dei suoi corteggiatori più discreti. Di dieci anni maggiore di Lei, scapolo, Iseppo Albrizzi è uno degli uomini più potenti e ricchi della città. Patrizio veneto di idee libertarie, avvocato brillante, nonostante sia stato il segretario della Loggia massonica di Venezia, ha scalato egualmente tutti i gradi della Magistratura fino al massimo incarico di Inquisitore di Stato. Nel luglio del 1795 Isabella ottiene l’annullamento del matrimonio dal recalcitrante e incolpevole Marin e, nel marzo del ’96, con l’approvazione di De Non che da Parigi si congratula e le rinnova i sensi del suo amore, imperituro, sposa l’Albrizzi”.
A trentasei anni per Isabella la vita ricomincia. “Tra vecchi e nuovi amori – annota la Mariotti – viaggia, studia, scrive e assapora anche le gioie di una seconda maternità. Ma è sempre il suo ‘salotto’ a concentrarne la massima attenzione”.
Isabella, finalmente, ritrova la sicurezza e la tranquillità tanto rincorsa.
“Ora –prosegue l’articolo – la cornice è quella a lungo sognata. A palazzo sul Canal Grande, d’inverno, e nella villa sul Terraglio (Treviso) per il resto dell’anno, oltre che il ritrovo di re e regine, studiosi, diplomatici e viaggiatori a vario titolo, esso diviene uno dei luoghi prediletti dal dibattito culturale che, nel trapasso del secolo dei ‘Lumi’ a quello ‘Romantico’ , coinvolge i maggiori rappresentanti della società intellettuale, da Byron a Foscolo, da Alfieri a Cesarotti”. Complice la sua naturale affabilità, il pronto ingegno, la grazia dell’aspetto.
Isabella si spegne a Venezia nel settembre del 1836. Sarà sepolta nella chiesetta dell’amatissima villa di Mogliano che ancora oggi porta il suo nome.