Sul Parco Geominerario diciamola tutta_di Tarcisio Agus
Dopo otto mesi dal clamore dello scioglimento degli organi del Parco, finalmente, quasi un parto, il Parco Geominerario più importante d’Italia viene affidato, temporaneamente (sei mesi) alla Dott.ssa Elisabetta Anna Castelli, Funzionaria del Ministero di Economia e Finanza, e al Dott. Gianmaria Lai, in qualità di Sub commissario, funzionario dell’Assessorato regionale all’Industria.
Nomine che hanno suscitato diverse reazioni in particolare fra i sindaci, con alcuni che gridano che tanto peggio non si può fare, altri guardano con avidità alle ricorse non spese, mentre c’è chi la butta in politica con il rimando ai governatori romani di Sardegna.
Sembrerebbero tutte esternazioni di coloro che si leccano le ferite perché da subito, dopo la conquista democratica avvenuta a diciassette anni dall’istituzione del Parco, con la nomina di un presidente e di un consiglio direttivo a forte rappresentanza di sindaci (5 su 10), non si è riusciti a difenderla, ma da subito si è trattato con i nuovi organi come se ancora il Parco fosse affidato ad un commissario. La visione di un Parco che operasse in autonomia, nonostante fosse a maggioranza sarda, non è stata di fatto supportata in primis dalla regione Sardegna, ne tanto meno da una parte di comuni che già tanto avevano ricevuto con i vari commissariamenti per cui poco disposti a condividere questo privilegio con l’intero territorio del Parco.
Alcuni esempi:
– Piano Gestionale dei Siti Prioritari, concordato con la regione Sardegna a seguito della delibera G.R. del 2.09.2014 n.34/10, da subito approvato dal Parco con la delibera del 12 aprile 2018 n.8 con un impegno finanziario a carico del Parco di circa 700 mila euro annuo per la gestione dei siti di Porto Flavia (già in gestione al Parco), Villa Marina, grotta Santa Barbara, galleria Henry a Buggerru, Anglo Sarda a Montevecchio, Funtana Raminosa a Gadoni e Sos Henattos a Lula. Piano che prevedeva anche il passaggio dell’archivio minerario al Parco e disponeva di 1,2 milioni di euro per la gestione con Igea delle manutenzioni ordinarie e straordinarie dei siti.
Ebbene il risultato è stato che la regione non ha mai approvato la proposta, evidentemente non credendo nel Parco, perché di fatto concedeva, in totale spregio al progetto del Parco, i siti ai singoli comuni frantumandone l’unitarietà e dando forza ai campanili per una gestione diretta, mortificando il Parco ed esponendolo a proseguire la sua funzione storica di sportello bancomat, tanto che i comuni da subito rivendicarono con vibrate proteste le risorse impegnate dal Parco per le loro gestioni. Nell’ignoranza più assoluta sapendo bene che il Parco non è un Ente erogatore ma gestore delle proprie risorse come lo sono i comuni. Si provi a chiedere ai comuni di spendere le proprie risorse per sistemare la strada provinciale che attraversa il territorio comunale perché la popolazione si lamenta per le buche.
– Altro duro attacco che ha incrinato immagine del Parco è stata l’uscita dalla rete dei Geoparchi Unesco. In molti a gridare allo scandalo senza aver un minimo di conoscenza dei fatti che portarono nel 2013 al mantenimento del Parco nella rete dei Geoparchi Unesco. In sintesi il parco aveva predisposto un progetto con l’utilizzo di tutti i lavoratori ex Ati-Ifras (490), nati per infrastrutturare le aree del Parco, censire i geositi dell’isola ed il patrimonio storico minerario con un’azione di sensibilizzare e promozione in tutte le comunità isolane. Progetto che impegnava per quattro anni risorse finanziarie per circa 140 milioni di euro e che la direzione dei Geoparchi Unesco salutò positivamente confermando il Parco Geominerario all’interno della Rete dei Geoparchi divenuti nel frattempo sotto l’egida Unesco. Quel progetto non venne mai finanziato dalla regione Sardegna ed i lavoratori sparpagliati fra Enti diversi a sfalciare erba.
– Così pure un’altro importante aspetto segnalato anche dalla Corte dei Conti, la mancata adozione del Piano e del regolamento del Parco. Aspetto in parte chiuso d’intesa con la Regione già nel 2018 con la nuova perimetrazione delle aree Parco, strettamente legate ai siti minerari che avrebbero sgravato l’Ente ed i cittadini da una mole di nulla osta ed autorizzazioni provenienti dagli 86 comuni. Purtroppo da allora non sì è riusciti a completare l’iter per la mancanza del regolamento attuativo sotto il controllo dell’amministrazione regionale.
Questa operazione necessaria ed importante avrebbe permesso maggior disponibilità dei tre tecnici impegnati esclusivamente nella istruzione delle pratiche edilizie.
– Non ultima l’ispezione del Ministero di Economia e Finanza che chiude i lavori nell’ottobre del 2018, a quattro mesi dall’insediamento del Presidente e del Consiglio Direttivo. Anche in questa vicenda il Parco ne esce con le ossa rotte attaccato a più riprese, in particolare dai “paladini” del Parco ai quali non interessa conoscere gli avvenimenti ma dare la colpa del fallimento agli ultimi. Eppure gli ultimi organi insediati da subito denunciarono l’incertezza giuridica che ne minava l’azione e la carenza del personale non adeguato alle competenze assegnate, ma questi elementi non interessavano la Comunità del Parco più impegnata, con il suo presidente, a rivendicare le risorse per le gestioni comunali dei propri siti e continuare a finanziare le Associazioni, ignorando del tutto quanto segnalato nella relazione Ministeriale sulle rendicontazioni mancanti e sulla necessità di uscire dalle Associazioni in quanto, in caso di perdite, il Parco, in virtù degli obsoleti statuti, sarebbe stato chiamato a ripianarne il 50%, così come accaduto con l’Associazione di Carloforte.
– Certamente ci sono state carenze anche nell’ultima gestione con scelte non pertinenti come l’assunzione dei 101 lavoratori ex ati-Ifras distribuiti su 12 cantieri estesi dal sud a nord dell’isola e gestiti da un organico del Parco inidoneo a coordinare la complessità dell’operazione che ne ha di fatto immobilizzato la funzione per quasi due anni.
– Infine non si è stati in grado di rispondere appieno alle segnalazioni del Ministero di Economia e Finanza e forse oggi la nomina della Dott.ssa Castelli e del Dott.Lai, due importanti funzionari amministrativi pubblici, è legata ha completare l’azione che il Parco, con difficoltà, aveva cercato di percorrere per dare risposte alle 47 contestazioni che interessavano e tutt’ora interessano gli anni dal 2008 ad oggi.
Forse, come detto, tutti ci lecchiamo le ferite, ma bisogna riprendere con forza e davvero credere nell’ Opera Parco, lavorando perché questo sia un momento di transizione per mettere in ordine le mancanze riscontrate e gli adempimenti ancora sospesi come la ratifica del Bilancio 2021, la Rendicontazione 2021 ed il Bilancio di previsione 2022. La Comunità del Parco e la stessa Regione Sardegna chieda già da ora il ripristino degli organi con un nuovo presidente ed un consiglio direttivo con i suoi Sindaci, nonché un assetto giuridico rispondente alle funzioni assegnate con un organico adeguato e gli strumenti necessari senza i quali sarà difficile attuare una programmazione di lungo respiro e ridare al Parco quella dignità istituzionale che merita, non dimenticando che al Parco è stato affidato, per la tutela e valorizzazione, il più grande patrimonio di archeologia mineraria d’Italia.