Dicembre 3, 2024

La guerra e il rilancio del carbone in Sardegna_di Tarcisio Agus

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Il conflitto che sta coinvolgendo l’Ucraina ha destabilizzato l’economia europea compresa l’Italia. In quest’ultimo periodo l’elemento tangibile dell’effetto della guerra ai nostri confini si sono subito palesemente manifestati con l’aumento vertiginoso delle bollette elettriche e del gas. Proprio in questi giorni il presidente del consiglio Mario Draghi ha indicato le linee guida per arginare il rincaro energetico, non solo con sostanziali investimenti per abbatterne i costi che si stanno scaricando sulle famiglie e imprese, ma anche le azioni di politica industriale per far fronte al drastico rischio del  taglio delle importazioni di materie prime come l’energia elettrica e gas. Una delle lignee di contrasto energetico è stata la proposta della riattivazione delle centrali a carbone e olio combustibile.

Quest’ultimo aspetto riguarda anche la nostra isola ed in particolare coinvolge le due centrali a carbone ancora attive, quella di Fiumesanto a Porto Torres e quella di Portovesme nel Sulcis, in fase di chiusura già previste per il 2025 dal piano nazionale per l’Energia e il clima.

In particolare le nostre centrali erano oggetto di dismissione a seguito dell’entrata in funzione del Thyrrheniam link, il doppio cavo sottomarino che collegherà la Sardegna con la Sicilia e la penisola italiana. Questa operazione dovrebbe garantire il fabbisogno di energia elettrica alla Sardegna e l’incentivo per  le rinnovabili, ma il progetto è ancora nella fase di consultazione fra le popolazioni interessate.

Per Draghi vi è la necessità di tenere in vita le centrali oltre il tempo previsto perché l’Italia  possa  riorganizzare tutto il sistema energetico che punta ad un’aumento delle sue capacità produttive ed alla  diminuzione della dipendenza dall’estero.

Con il proseguo dell’attività nelle due Centrali qualcuno ha accarezzato l’idea di una ripresa delle attività estrattive nel Sulcis visto che trattasi dell’unico sito carbonifero d’Italia. Aspetto questo impossibile perché  come sappiamo il carbone del Sulcis ha un’alta presenza di zolfo e non è certo quel combustibile fossile ideale per le massime rese nelle nostre due centrali che da tempo importano materia prima dall’estero. Inoltre è in stato avanzato la messa in sicurezza dei giacimenti il termine del quale è previsto nel 2027.

Di fatto dipendiamo dal combustibile fossile che arriva da tutte le parti del mondo. Dipendenza dunque, così come dipenderemmo dal gas che ci arriverà tramite le navi gassiere liquefatto nei principali porti dell’isola, ove insediare i gassificatori per riportarlo allo stato gassoso. Questo in alternativa al progetto del gasdotto algerino che avrebbe attraversato l’isola per connettersi con il continente in Toscana. Progetto che potrebbe essere ripreso visto il forte bisogno di diversificazione delle fonti di approvvigionamento onde evitare quanto in questi giorni sta avvenendo con la principale fonte di approvvigionamento dalla Russia.

La Sardegna di fatto è da sempre soggetta alla dipendenza ed ancora, nonostante le importanti opportunità date dall’energia pulita che da noi abbonda quale il vento ed il sole, continuiamo a foraggiare con le nostre bollette le multinazionali del vento e del solare che con quattro soldi hanno occupato il suolo agricolo dell’isola. Aspetto che pare  ancora non  far breccia nella nostra classe politica perché è proprio di questi giorni il tornare alla carica di grosse società multinazionali intente ad erigere imponenti parchi eolici da posizionare questa volta sul mare di Sardegna in particolare lungo le coste del Sulcis, pensando che questa sia la nuova frontiera per farci accettare l’idea che tutto sommato  non invadono il suolo dell’isola.

Eppure queste due risorse potrebbero rendere auto sufficiente la Sardegna, almeno sotto il profilo produttivo di energia elettrica, se ci pensassimo un attimo e rendessimo i cittadini sardi protagonisti di una autonomia energetica possibile.

Oggi non mancano gli incentivi in particolare per la costituzione delle Comunità Energetiche Rinnovabili, un modello di gestione dell’energia elettrica già diffuso nel nord Europa, partecipato da enti pubblici locali, aziende, attività commerciali o cittadini per la produzione di energia da fonti rinnovabili e l’autoconsumo basato sulla condivisione.

Allora perché non promuoverle in ogni centro abitato mantenendo in casa gli oneri di sistema, i costi stabiliti da ARERA (Autorità Energia Elettrica e Gas) delle nostre bollette.

Anche i comuni potrebbero parteciparvi per abbattere i costi dell’illuminazione pubblica, delle scuole e di tutti i servizi pubblici utilizzando spazi in abbandono, come per esempio le aree di molti PIP  rimaste inutilizzate per la carenza di imprese.

Così pure si potrebbero dotare tutte le aziende agricole di impianto fotovoltaico e pala eolica da rendere le imprese pienamente autosufficienti, in questo momento dove si alza forte il grido di difficoltà produttive a seguito del rincaro generalizzato delle materie prime e dell’energia. Non solo abbatterebbero i costi di produzione ma potrebbero concorrere, con il surplus produttivo, ad alimentare la produzione di energia rinnovabile.

Non ultimo dovremmo puntare anche sull’altra fonte di energia rinnovabile, l’idrogeno, in sostituzione del gas, sul quale abbiamo accumulato anni di ritardo ed ancora stentiamo a disporne pienamente. Di recente e grazie ai fondi del PNRR, l’assessora all’industria Anita Pili ha annunciato la predisposizione del bando per manifestazioni di interesse per la produzione di idrogeno verde da ubicarsi nelle aree industriali dismesse.

Certamente una buona notizia per farne dell’idrogeno un vettore strategico che potrà concorrere in maniera determinante, con le altre fonti rinnovabili, a porre le basi per  un nuovo concreto sviluppo.

L’idrogeno verde in particolare, quello che si ottiene recuperandolo dall’acqua ed essendo noi un’isola disponiamo in maniera inesauribile della fonte primaria. Ormai siamo ad una svolta, fra qualche anno potremmo produrne in larga scala e a costi vantaggiosi rispetto agli attuali combustibili fossili, con il vantaggio di abbattere in maniera consistente l’inquinamento perché il residuo della sua combustione è vapore acqueo. Con l’idrogeno potremmo riscaldare le nostre case, alimentare tutti i mezzi di trazione compresi gli aeroplani e riconvertire le centrali per la produzione di energia elettrica oggi tutte alimentate con combustibili fossili inquinanti.

La risorsa energetica è il caposaldo di ogni nazione, necessaria per costruirsi una concreta autonomia ed un processo di sviluppo non dipendente da terzi. Per la Sardegna è una grande opportunità che permetterà ai suoi abitanti ed alle imprese, se coinvolti, di essere veri protagonisti del proprio sviluppo abbattendo definitivamente quel gap storico che da sempre ci relega nelle ultime posizioni delle aree più povere. Ci vorrà del tempo ma bisogna crederci e mettere in campo da subito ogni risorsa possibile perché prima si coglie questo obbiettivo e prima conquisteremmo una fetta importantissima di concreta autonomia.

Foto di copertina di Maurizio Artizzu

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