Settembre 16, 2024

Come giornalista sardo emigrato, originario di Ploaghe (paese di poco meno di 5000 abitanti in provincia di Sassari), ho più volte richiamato la necessità di porre nel giusto rilievo 1 ‘ opera scientifica del più illustre dei ploaghesi, il canonico Giovanni Spano, iniziatore delle ricerche linguistiche, archeologiche, paremiologiche applicate alla Sardegna, esperto del folclore sardo, professore, bibliotecario e rettore dell’università di Cagliari.

In occasione delle celebrazioni ufficiali del bicentenario della nascita del Canonico, è però prioritario dare qualche informazione biografica corretta.

Nel saggio di Patrizia Cordin, Lingue e dialetti nel Trentino dell‘Ottocento, inserito nel II tomo degli Atti del convegno “Rovereto, il Tiralo, l’Italia: dall’invasione napoleonica alla Belle Epoque” (dicembre 1999), sia Giovanni Spano sia Vincenzo Pomi vengono spacciati per siciliani.

L’inequivocabile Giovanni Spano sardo, citato dallo scrittore sardo Salvatore Cam- bosu in Miele Amaro, viene confuso con l’archeologo napoletano Giuseppe Spano (Napoli 1871-1963) nell’indice dei nomi della seconda edizione Vallecchi (Firenze, 1989) del libro.

In un’opera di consultazione considerata fondamentale, Archivio Biografico Italiano, per quanto riguarda Spano, si rimanda alla scheda che gli riservò Telesforo Sarti nel volume Il Parlamento subalpino e nazionale: profili e cenni biografici di tutti i deputati e senatori eletti e creati dal 1848 al 1890 ( Roma, Tipografia Pintucci, 1896), che consta di 18 righe in cui ci sono perle come queste: nacque nell‘anno 1798, si è occupato dei “Nurague””…

Non è quindi del tutto superfluo ricordare che Giovanni Spano è nato in Sardegna, a Ploaghe, 1’8 marzo 1803.

Come racconta egli stesso, accompagnato su un ronzino dal più grande dei fratelli, lascia, all’età di nove anni, il “villaggio” natio ed entra “tuffo maravigliato ed in estasi nella bella Sassari per ivi iniziarsi ’agli studi”. Le memorie furono scritte da Spano quando aveva ormai superato i settanf anni e videro la luce a puntate sulla rivista “Stella di Sardegna” dal 1876 fino quasi alla morte dell’autore, avvenuta a Cagliari il 3 aprile 1878 (oggi queste memorie sono disponibili nel volume Jniziazione ai miei studi, curato da Salvatore Tola, uscito agli inizi del 1998 per le edizioni A M & D di Cagliari).

A Sassari, al Collegio degli Scolopi e poi al Seminario tridentino, Spano deve superare la non metaforica “prova della sferza”; parla, e quindi capisce, solo il logudorese ed è costretto, a colpi di staffile, a imparare acceleratamente l’italiano (“Io non capiva, anzi non aveva mai inteso dal mio maestro – un prete, sacrista maggiore della parrocchia di Ploaghe – pronunciare una sola parola italiana”); si appassiona allo studio delle lingue ( “Jschire limbazos est sabidoria ”, “Sapere le lingue è sapienza”, è il proverbio sardo che Spano apporrà come exergo del Vocabolariu sardu-iialianu e del Vocabolario italiano-sardo); si occupa di indagini archeologiche sul campo cominciando a scavare nelle campagne del suo paese natale.

Dopo esser diventato maestro di arti liberali (a 18 anni), segue i corsi di Teologia che conclude, nel 1825, a 22 anni. Insegna inizialmente nelle scuole elementari di Sassari e poi nel 1831 decide di partire per Roma. Qui si perfeziona nella conoscenza delle lingue orientali (ebraico, siro-caldeo, arabo) e frequenta corsi di greco, archeologia e fisica sacra. Ritorna in Sardegna nel 1834 chiamato a insegnare, a 31 anni, Sacra Scrittura e Lingue orientali nella Regia Università di Cagliari.

Negli anni seguenti Spano ritorna frequentemente in “continente” per approfondite visite di studio, in particolare negli anni 1836, 1839, 1854, 1856, 1871 (in quest’ultima occasione, per partecipare, festeggiatissimo, a Bologna, al Congresso intemazionale di antropologia e di archeologia preistorica).

Nel maggio 1839, oltre l’insegnamento, gli viene affidato l’incarico di direttore della Biblioteca Universitaria, che tiene per tre anni. Nominato canonico prebendato di Villaspeciosa, Spano si può dedicare anima e corpo alle sue ricerche predilette. Nel 1840 edita la prima delle sue grandi opere dedicate a quelle che anche i suoi superiori forse consideravano le “inezie della lingua vernacola”, cioè i due volumi dell’ “Ortographia sarda nationale o siat Grammatica de sa limba logudoresa cumparaaa cum 5 ‘italiana” (con frontespizio anche in Italiano Ortografia sarda nazionale, ossia Grammatica della lingua logudorese paragonata all’italiana). Negli anni seguenti pubblica numerosi saggi sia di argomento linguistico sia su temi archeologici. Nel 1851 e 1852, a Cagliari, presso la Tipografia Nazionale, dà alle stampe, rispettivamente, il Vocabolariu sarai—italiana e il Vocabolario italiano-sardo.

Dal 1855 al 1864 cura la pubblicazione del “Bollettino Archeologico Sardo “, nelle cui pagine riferisce i risultati delle sue infaticabili indagini sul campo.

Dal 1857 è Rettore dell’università di Cagliari; nel 1871 gli viene assegnata la direzione del Commissariato sopra i musei e scavi di antichità della Sardegna; con Regio Decreto del 15 novembre 1871 viene elevato alla dignità di Senatore del Regno.

Dopo un secolo di attenzione, nel periodo 1980-1995 le opere di Giovanni Spano hanno subito un innegabile “oscuramento ”

    Nel Catalogo dei libri italiani dell‘Ottocento (1801-1900), noto come CLIO, pubblicato dall’editrice Bibliografica di Milano, sono presenti 66 titoli di opere di Giovanni Spano.

    Nella Bibliografia Sarda di Raffaele Ciasca, uscita nel periodo 1931-1934, alla voce Spano Giovanni come autore, figurano oltre 400 unità bibliografiche (volumi, saggi, articoli); si va da quella numerata 17.768 a quella numerata 18.182.

    Ebbene, se consultiamo oggi la “Bibliografia Nazionale Italiana” su CD-ROM ( contiene le descrizioni delle oltre 450.000 pubblicazioni edite e/o prodotte in Italia dal 1958 ad oggi, depositate a norma di legge alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze), Giovanni Spano è presente con le sole sei opere ristampate dall’editore bolognese Arnaldo Forni nel periodo 1967-1977.

    Negli ultimi sette anni le opere di/su Giovanni Spano hanno avuto un rilancio

      E’ fondamentale l’apporto della elaborazione di Giovanni Spano alla tutela e alla vivificazione della lingua sarda ed è indubitabile quindi “l’illuminazione” portata dalla sua opera alla formulazione della legge della Regione sarda (n. 26 del 15 ottobre 1997) che regola la “promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna” Con le iniziative editoriali realizzate in questi ultimi anni (a partire dal 1996 quando il quotidiano “La Nuova Sardegna” ha pubblicato, a fascicoli, in ristampa anastatica, con presentazione di Giulio Paulis, sia il Vocabolariu sardu-italianu sia il Vocabolario italiano-sardo); con la commemorazione ufficiale, nel giugno 1998, a 120 anni dalla morte, presso l’Aula Foscoliana dell’Uni- versità degli Studi di Pavia, per iniziativa del circolo sardo “Logudoro”; con il seminario di approfondimento di Brescia dell’aprile 2001, a cura del circolo sardo di quella città; con gli incontri di studio tenuti a Ploaghe nel gennaio 2000, nel dicembre 2001 e nel giugno 2002; con il convegno di Roma del 1 aprile 2003; è possibile affermare che Ploaghe, il Logudoro, l’intero popolo di Sardegna (sardi residenti e non residenti) non sono più renitenti al riconoscimento e alla valorizzazione dell’importanza dell’opera di Giovanni Spano.

      Giovanni Spano merita sicuramente l’Edizione Nazionale delle Opere

        Anche soltanto considerando la sua opera volta alla tutela e alla valorizzazione della lingua sarda, Giovanni Spano merita ampiamente l’omaggio della Edizione Nazionale delle Opere.

        In attesa che qualcuno si impegni fattivamente per fargli avere questo riconoscimento, riprendo le valutazioni che su Spano sono state espresse da due autori siciliani, per le pubblicazioni di ciascuno dei quali e’ già stata progettata e avviata l’Edizione Nazionale delle Opere.

        Giuseppe Pitre’ (1841-1916) ha sempre dato un giudizio molto positivo sulle ricerche dello Spano (fra i due studiosi intercorse una lunga e fruttuosa corrispondenza). Ha dedicato a Giovanni Spano un saggio riassuntivo delle sue opere (pubblicato nel volume Nuovi profili biografici di contemporanei italiani, Palermo, Di Cristina, 1868) con osservazioni molto lusinghiere nei confronti del “collega” sardo. Inoltre Pitrè, nella raccolta di Studi di poesia popolare, ha pubblicato un ampio saggio “Delle canzoni popolari sarde del Logudoro” ( con analisi delle opere di Spano) in cui definisce lo Spano “il benemerito per eccellenza”.

        Salvatore Salomone Marino (1847- 1916), anche lui noto studioso siciliano della cultura tradizionale, ha scritto nel periodico “Nuove effemeridi siciliane”: “La storia generale dell’isola, la speciale delle Città, la geologia, le arti, i Costumi, tutto insomma hanno dall’Illustre Sardo, una pagina, una notizia nuova, or importante or curiosa, or aneddotica, perché egli non si lascia sfuggire nulla, che possa tornare utile a far meglio conoscere e pregiare la patria”.

        Capire l’antifona di queste due citazioni non mi sembra particolarmente difficile. Con una battuta conclusiva, spero che non sia necessario far diventare Spano siciliano (come, sbagliando, ha fatto Patrizia Cordin) perché, paradossalmente, il nostro illustrissimo sardo abbia qualche chance di avere il riconoscimento dell’Edizione Nazionale delle Opere.

        Giovanni Spano in “continente”

        Nell’834, Giovanni Spano, prima di ritornare in Sardegna, da Roma raggiunge Torino (maggio 1834) e quindi Genova per prendere la nave per la Sardegna.

        Nell’836, il bastimento a vela che era

        About The Author

        Lascia un commento

        Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *