Settembre 16, 2024

Sardegna, 5000 anni di storia_di Antonello Angioni

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La Sardegna è uno dei luoghi del Mediterraneo più originali e complessi sia geograficamente che da un punto di vista storico e culturale. Grembo di un’antica civiltà che l’isolamento ed il tempo hanno frantumato e disperso in mille cantoni mai ricondotti a unità, ha da sempre costituito terra di scontri ma anche di incastri fecondi: un lembo tutto speciale tra le molte civiltà del Mediterraneo. Crocevia di popoli e di culture, per la sua straordinaria posizione geografica, vantava già in età classica prestigiosi porti e approdi: Caralis, Nora, Sulci, Tharros, Olbia.

A ritroso nel tempo la Sardegna è stata piemontese, austriaca, spagnola, catalana e, prima ancora, egemonizzata quà e là da pisani e genovesi, bizantini, goti, vandali, romani e fenicio-punici. Una stratificazione di civiltà difficilmente riscontrabile altrove, ma anche una sequenza impressionante di colonizzazioni subite e metabolizzate che avrebbero distrutto in chiunque il senso della propria identità.

Tutti hanno lasciato qualcosa a loro ricordo nella lingua, nella cultura e nel carattere della gente. La lingua esprime, con prorompente vitalità, il lungo cammino dei sardi, le origini e le diverse contaminazioni. La cucina locale richiama irresistibilmente la Spagna con i piatti tradizionali di legumi: ceci, fagioli, lenticchie, fave secche condite con olio crudo. Quattro secoli di fedeltà alla Spagna, risentita ma onesta, hanno lasciato – nella fisionomia storica, nella parlata, nei comportamenti quotidiani e nell’atmosfera complessiva della Sardegna – un segno leggero ma inconfondibile che ricorda la civiltà iberica.

Terra a lungo infestata da pirati, oggetto di continue occupazioni e baratti di dominio che hanno dato vita ad incroci di etnie che si sono via via innestate su un “fondo” autoctono, occulto e misterioso. Una piccola nazione incompiuta perché aperta, troppo aperta, al l’influsso di stirpi opposte, di genti e culture diverse, spesso contrastanti e ostili tra loro. Più di cinquemila anni di storia, di cultura e di tradizioni da scoprire che hanno determinato una stratificazione di civiltà difficilmente riscontrabile altrove. Un’isola ricca di bellezza che affascina il visitatore sin dal primo incontro.

L’isolamento della Sardegna ha accentuato nel mistero quei tratti di complessità e di unicità che da sempre le sono stati peculiari. Esso suscita sentimenti contrastanti: da un lato costituisce fonte di vantaggi non trascurabili in termini di salvaguardia degli equilibri naturali e di quieto vivere, ma presenta anche diseconomie e svantaggi non meno trascurabili. Non a caso per l’isolamento i sardi un po’ s’inorgogliscono e un po’ si rattristano.

Per i forestieri il primo impatto con l’isola è dato dal paesaggio costiero, straordinariamente bello e ricco di biodiversità. Le spiagge del sud richiamano la profondità ed il fascino luminoso dei certi paesaggi africani. La costa, da Santa Margherita di Pula a Capo Teulada, è tutto un susseguirsi di insenature dolcissime con spiagge quasi desertiche che abbracciano un mare smeraldino: Chia, Capo Malfatano, Capo Spartivento, Tuerredda.

Nella parte nord-occidentale, da Alghero a Bosa, il mare assume un colore blu, diviene inaccessibile e sembra immenso, quasi violento. Dalle alte falesie di Capo Caccia puoi scorgere la linea rocciosa di coste sottolineata dalla schiuma bianca e rimani quasi assordato dalle grida dei gabbiani che sembrano lanciarsi a precipizio sul mare. Il litorale è inasprito da punte e da speroni, battuti dal vento che contorce gli alberi e la macchia della riviera e modella il folto groviglio di selve che trabbocca sino al litorale. Poi, dopo aver percorso chilometri di rocce lavorate dal vento, nella fascia costiera del- l’Oristanese il paesaggio si trasforma: si fa piatto e si sviluppano chilometri di spiagge alternate da tratti rocciosi circondati dalla macchia mediterranea e da stagni salmastri, dorati e pescosi, con la bassa vegetazione piegata dal vento.

La costa occidentale, da Masua al Capo Frasca, è generalmente alta, pericolosa, anche se le scogliere sono spesso intervallate da spiagge stupende dalle sabbie incastonate tra gli speroni di roccia e le estreme propaggini dei villaggi minerari dismessi del Sulcis-Iglesiente. Il paesaggio che si presenta è tra i più desolati della Sardegna, ma anche tra quelli maggiormente suggestivi. Su questo versante il punto più imprevedibile è forse Piscinas, una formazione dunale tra Buggerai e la Marina di Arbus. Per coloro che vogliono dedicarsi all’archeologia è possibile visitare il Tempio di Antas, il Villaggio nuragico di Serrici o le vestigia romane dell’antica Sulci, nei pressi di Sant’Antioco.

La costa orientale, da Barisardo a Orosei, presenta invece lunghe spiagge bianche dalla sabbia incontaminata, calette nascoste, rocce a strapiombo che formano insenature profonde in alcuni punti inaccessibili da terra, un mare cristallino che – nel silenzio dello sciabordio delle onde-tifa pensare al giorno della Creazione. Risalendo verso l’interno – dopo aver attraversato contrade silenziose dominate dalla flora mediterranea, ricca di esemplari rari e profumati – incontriamo le montagne selvagge dalle cime impervie con i piccoli caratteristici paesi che si spingono sino ai contrafforti più inaccessibili.

Infine la parte nord: Santa Teresa di Gallura, Palau e la Costa Smeralda. La costa appare come una fotocopia dei fiordi scandinavi, ma tutto é luminoso e bruciato dal sole: é il regno dei vip. Ma vi sono anche alcune note di particolare interesse culturale: a iniziare dall’arcipelago di La Maddalena – esilio di Giuseppe Garibaldi – per giungere, dopo aver percorso la Costa Paradiso, a Castelsardo, antica rocca genovese che conserva ancora, nella parte vecchia intorno alle fortificazioni sul mare, le caratteristiche strutture della cittadella marinara eretta dai Doria nel 1162. Il centro si sviluppa lungo le pendici di un colle dominato dall’ imponente castello; nel periodo pasquale in questa contrada si svolge la processione di Lunissanti, risalente alla dominazione spagnola: una lunga teoria di penitenti incappucciati sfila, illuminata solo dalla fioca luce delle torce, per giungere alla Cattedrale e rendere omaggio al simulacro del Cristo.

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