Economia della Morale, ricordo di Simone Atzeni_di Paolo De Angelis
Nel lockdown di primavera, è mancato Simone Atzeni, stroncato da un male che non perdona; la stampa locale lo ha ricordato come economista e per l’impegno sociale e politico, qui parliamo del suo saggio “Economia della morale”, editrice GIA, anno 2008, che si propone di dimostrare che politica economica e scelte etiche sono inscindibili.
Ci sono casi “semplici” che dimostrano che economia e morale camminino assieme, come il rapporto tra beni di prima necessità e disponibilità economiche della popolazione che nel 1974 portò alla devastante carestia del Bangladesh, sebbene in quel periodo le scorte di cibo fossero ampiamente sufficienti ma le famiglie non avevano risorse per comprarle né ci furono interventi pubblici che ne sostenessero il reddito e, con i magazzini pieni, a milioni morirono di fame; oppure la carenza di vitamina A nelle popolazioni dell’Asia orientale che ha condannato nei primi anni 2000 milioni di bambini alla cecità, per risolvere la quale una multinazionale propose di vendere il golden rice, ricco di quella vitamina ma prodotto con OGM, un drammatico dilemma etico, salvare i bambini per i bilanci dei manipolatori di organismi?
Questi esempi confermano che le politiche di sviluppo hanno sempre implicazioni morali e il fondamentale quesito è distinguere tra bene e male nell’agire economico che Simone Atzeni analizza alla ricerca non DELLA soluzione (che, premette da subito, non esiste) ma delle “possibili” soluzioni che spesso dipendono dal punto di vista dal quale si guarda al fenomeno economico, un relativismo però temperato dal forte rigore morale col quale l’Autore lo affronta e che gli fa dire che spesso le politiche dei governi smarriscono l’essenza dei meccanismi economici che non sono i numeri ma gli esseri umani, come individui e come collettività.
Ma cos’è morale rispetto a una scelta economica? Se i soggetti economici possono arricchirsi, perché dovrebbero porsi uno scrupolo morale? Atzeni definisce “morale” l’agire economico che non persegua esclusivamente un interesse particolare ma che tenga in considerazione un interesse collettivo e che quindi non si limiti a una visione “utilitaristica” dell’economia ma riconosca e garantisca valori che non sono economici in senso stretto ma che hanno grande importanza per le persone come il rispetto dello stile di vita, delle libertà individuali e anche degli effetti psicologici della politica economica.
Il tema è quello dell’equilibrio tra sviluppo, che si misura col PIL e i suoi numeri, e implicazioni morali delle scelte, non misurabili se non in base ai valori condivisi della collettività e che spesso sono in conflitto con le aride percentuali come accade quando ad esempio si basa una scelta di sfruttamento economico delle risorse ambientali senza considerare che l’ambiente è un bene sociale da tramandare alle future generazioni garantendo la possibilità di fruire degli stessi beni; l’ottica di una visione etica dell’economia non è individuale ma collettiva e il bene o il male delle scelte economiche non derivano dai riflessi sul PIL ma si misurano su altri parametri, come la solidarietà, il rispetto delle libertà, la completezza di informazioni che consenta ai soggetti economici di orientarsi correttamente e, sebbene non esista una risposta unica, è necessario riflettere sul rapporto tra comportamenti economici e ricadute etiche per chiedersi se siano attuati i principi costituzionali di solidarietà e uguaglianza che sono il presupposto per un’etica dell’economia.
Il punto di incontro tra economia e morale è proprio la Costituzione che riconosce la libertà di iniziativa economica ma nel contempo impone che l’interesse individuale non sia in contrasto con l’utilità sociale; nel 2008 il saggio di Atzeni individuava nell’economia globalizzata la causa della perdita del peso morale nelle scelte economiche, in cui la visione “disumanizzante” del fattore economico è insensibile agli interessi e ai valori delle singole comunità.
Cosa avrebbe detto oggi, se avesse potuto, delle scelte economiche ai tempi del Covid? Lui purtroppo assente, possiamo solo immaginarne la coerenza nell’attenzione all’individuo e ai valori della persona e la critica alle attuali politiche economiche prive di visione complessiva perché trascurano l’essenza della dimensione morale delle scelte.
Il rischio di disastro sociale è dietro l’angolo e, come scriveva Simone Atzeni, bisogna proiettarsi al futuro, alle generazioni che verranno e a ciò che troveranno quando la pandemia sarà passata; non si tratta di consumare adesso ma immaginare lo sviluppo possibile, senza il quale qualsiasi politica rischia di fallire ancora prima di cominciare.
Da mesi, dai microfoni di Radio 1 Rai, Giovanni Minoli lancia l’allarme contro una politica economica attenta ai numeri e non alle persone e nelle sue interviste emergono continui richiami all’esigenza di una linea economica del governo che sia attenta anche ai risvolti morali delle scelte per salvaguardare non solo il tessuto economico ma anche quello sociale e dei valori di solidarietà collettiva; la crisi di visione, che era già un problema prima del Covid, adesso è il macigno che rischia di farci affondare e la sfida è nella ricerca dei valori comuni che possano illuminare la strada verso il futuro.
Non c’è una soluzione predeterminata ma occorre una chiara linea guida che tuteli gli interessi dei singoli nella complessiva dimensione della collettività, un equilibrio difficile che un intellettuale sensibile e finissimo come Simone Atzeni ha indicato da anni come il problema da risolvere, un’eredità preziosa che non può andare sprecata, per una morale nell’economia.
Grazie Simone.
Paolo De Angelis -Magistrato – Cagliari