Dalle feste in casa all’Aquarium di Torre delle Stelle: la movida negli anni ’70 e ’80 raccontata dal dj Giulio Massidda_di Fabio Salis
Nel corso dei decenni i generi musicali si trasformano, così come mutano i gusti del pubblico, lasciando spazio a nuove melodie, ma la funzione più importante della musica resta sempre quella di aggregare. Tutto questo accadeva anche in Francia durante l’occupazione nazista, quando i cittadini si rinchiudevano nelle case e passavano il proprio tempo a ballare con gli amici, nel tentativo di passare qualche momento di spensieratezza, mettendo momentaneamente da parte tutti gli orrori del conflitto. Questa dimensione della socialità relativa alla musica si traspose ed esplose successivamente negli Stati Uniti che divennero la patria di tanti nuovi generi musicali. La comprensione della storia della società e dei costumi della nostra Sardegna non può prescindere anche da quella musicale, così come è utile analizzarla per cercare di capire la società giovanile contemporanea.
“La Cagliari degli anni ’70 non offriva tanto, così ci si organizzava per conto proprio e se organizzavi un evento arrivava una grande folla da quasi tutta la città.” Così Giulio Massidda, uno dei più famosi dj cagliaritani degli anni ’70 e ’80, ci racconta il contesto giovanile cittadino dell’epoca. Assieme a Filippo Lantini, Dario Prefumo, Sandro Murru e altri famosi disc jockey del periodo, con la sua musica alla console sono cresciute diverse generazioni di cagliaritani nei locali cittadini. Durante la chiacchierata con Massidda, abbiamo ripercorso le tappe della sua carriera, tra cui le serate all’Aquarium di Torre delle Stelle quando i giovani che non riuscivano ad entrare dentro il locale si posizionavano sulla collina per vedere lo spettacolo dell’una di notte.
Raccontaci di come è nata la tua passione per la musica.
“Verso la metà degli anni ‘70 si organizzavano soltanto le feste in casa. Le cricche di amici a Cagliari si spostavano a rotazione in base alle feste che venivano organizzate e si portava un solo piatto con dei dischi. Lì venivano inserite le hit e per cambiare canzone ogni volta si toglieva il cd e se ne inseriva un altro. Da queste feste “casalinghe” nacque la mia passione.”
Ad un certo punto la passione si trasformò poi in una professione.
“Cominciò a diventarlo quando mi chiamavano per inserire le canzoni durante le feste e io mi spostavo di casa in casa. A Cagliari sono stato in tante ville, dove ci si conosceva un po’ tutti e ci si divertiva tanto. È un lavoro per cui sicuramente serve tanta passione, perché inizi alle 8 di sera e finisci alle 4 del mattino.”
Le prime serate in assoluto più strutturate e grandi vennero organizzate dai proprietari del Lido Gianni Aramu e Lello Atzori.
“Esatto, le organizzarono al Lido dove feci una serata nel 1976 con il mio collega dj Filippo Lantini. Aramu e Atzori erano anche gli organizzatori della sala che si rivelarono come gli ideatori di un tipo di movida. Le serate più importanti erano al padiglione dei congressi della Fiera e poi da lì iniziarono ad aprire i primi locali alla moda, come l’Aquarium a Torre delle Stelle dove io ho lavorato per tanti anni e anche il Kilton dove invece lavorava un altro collega, Sandro Murru.”
Tra la fine degli anni ’70 e i primi ’80, in Italia si passò dal funky alla disco music.
“Sulla scia del famoso film “La febbre del sabato sera” partì la cosiddetta “movida” anche in Italia. La musica degli anni ’80 per me rimane la più bella di sempre: veniva prodotta da gruppi che avevano idee molto chiare in mente, non come oggi che la base è tutta elettronica. I miei artisti preferiti sono KC and the Sunshine Band, poi i Kool & the gang e gli Imagination. Il pezzo forte che inserivo in serata e che mi ha reso molto famoso era “Rotation” di Herp Albert, un vinile molto raro e particolare che la gente in quel periodo ancora non apprezzava fino in fondo. Ero l’unico che in quel periodo lo metteva a Cagliari. Mi imposi col pubblico di Torre delle Stelle che all’epoca si sedeva in terra per protesta perché non lo voleva ascoltare, allora io alla fine lo mettevo anche tre volte, tanto che la folla cambiava idea e si lasciava trasportare dopo averlo ascoltato.”
L’originalità è una caratteristica su cui hai puntato, sia per quanto riguarda le scelte in console che per l’allestimento degli spettacoli durante le serate.
“Nei primi anni ciascuno di noi lavorava in autonomia, poi con Filippo Lantini ci accordammo per aprire insieme un locale Su Stentu di Sestu, una discoteca molto grande a due piste e con lui lanciammo un programma musicale molto vasto. Promuovemmo la New wave, un movimento di musica londinese i cui vinili qui, fino al 1983, non metteva nessuno. La nostra scelta era quella di lavorare con un pubblico di nicchia che viaggiava e che quindi conosceva la musica a livello europeo, fatto che per Cagliari era insolito. A partire dal 1981 avevamo creato una sorta di piccola Londra, io e Filippo andavamo a prendere i cd a Roma e Milano.
Ero deejay, vocalist e animatore, ma di fatto facevo anche lo showman. A parte la qualità della musica, puntavo molto sullo spettacolo e sull’animazione. Tra l’altro in serata ci travestivamo come Adam Ant, perché avevamo queste camicie molto larghe che risultavano appetibili dal punto di vista scenografico. All’Aquarium per esempio cantavo il rap sopra la base del pezzo “the break” di Kurtis Blow e richiamavo dal palco la folla in sala facendole fare i cori. Si creava grande trasporto. Inoltre entravo in scena truccato, indossavo guanti in raso nero, in un’epoca in cui non esisteva ancora neanche l’artista Renato Zero. Davo fuoco con la benzina al tetto dell’Aquarium, tant’è che una volta per sbaglio bruciai la pelliccia di una signora. Oggi fare numeri del genere sarebbe impossibile.”
Negli anni ottanta nacque la Techno, genere che cambierà per sempre la storia della musica perché si passerà all’electronic dance music.
“I mezzi elettronici non sono mai rientrati tra i miei gusti, anche se devo ammettere che alcuni pezzi erano fatti molto bene. Per chi come me ha lavorato per tanti anni con il vinile, messo musica con artisti americani dove si sentivano bene i fiati e le tastiere, o comunque suoni elaborati direttamente dal musicista, è stato un deciso cambiamento. Sono un nostalgico: per me l’elettronica non si può paragonare al valore di un musicista che suona dal vivo con gli strumenti. Da lì ho cominciato ad avere uno scostamento, perché non mi identificavo più con quel tipo di ambiente e di musica.”
Oggi il mondo delle discoteche è radicalmente cambiato e spesso si vedono i giovani che adottano dei comportamenti che a volte definire sbagliati è un eufemismo e che talvolta trascendono il limite della legalità.
“Al giorno d’oggi non ci si conosce tra tutti quelli che partecipano alle serate in discoteca, perché sono aperte ad un pubblico più vasto e variegato e anche la società è cambiata. Decisi di smettere con questo lavoro nel 1992 quando feci l’ultima serata con Dario Prefumo al Cormorano in Costa Smeralda. Negli anni ’70 se un locale si affiliava ad un bravo dj ci pensava lui a portare i clienti, come accadeva per esempio con me all’Aquarium che faceva sempre il tutto esaurito. Successivamente fra noi e i proprietari dei locali si sono inserite delle figure terze con il compito di pubblicizzare gli eventi, per cui il rapporto che prima era diretto si è in qualche modo falsificato, in quanto capita che gli organizzatori richiamino la gente regalando una serie di omaggi. È anche cambiata la figura del dj che un tempo era una piccola star, perché in grado di richiamare la folla sapendo selezionare una buona musica, mentre oggi non sempre è così.”
Negli anni successivi al tuo ritiro ti sei impegnato in alcuni progetti per i giovani, in cui la musica è servita come strumento per cercare di contrastare la dispersione scolastica.
“Nei primi anni Duemila, come professore di educazione fisica all’Istituto Bacaredda, la Preside mi chiese un consiglio su come attirare i giovani allo studio. Le proposi di organizzare un corso da dj, visti i miei trascorsi, come opportunità per mantenere i ragazzi vicini al mondo della scuola e allo stesso tempo per creare delle professionalità. Era un corso strutturato dove c’erano in programma diverse materie, come storia della musica e tecniche di mixaggio. Le adesioni degli studenti (anche studentesse) furono numerosissime e apprezzarono talmente tanto che durante un’assemblea di istituto un ragazzo mi ringraziò pubblicamente, perché probabilmente senza quel corso avrebbe abbandonato la scuola. Qualche ragazzo che ha partecipato al corso poi alla fine ha iniziato a lavorare a Ibiza come dj e si è ritagliato un lavoro che nasce da una passione.”