Novembre 21, 2024

Andar per chiese antiche/Cripta e pergamo della Cattedrale di S.Maria_a cura di Anna Palmieri Lallai

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Dopo aver visto, arroccata nel punto più alto della città, la nostra Cattedrale, dedicata a S.Maria Assunta, e aver messo in luce i vari interventi avvenuti nel tempo sia sul suo prospetto che all’interno, guardiamo con attenzione la cripta dei Martiri sardi, sottostante l’area presbiteriale. Tutte le cose, anche sacre, hanno alle spalle un precedente che ci spiega il motivo del loro “essere” e anche questa cripta, nel più rigoroso rispetto di un modo di agire consolidato, ama ricordarcelo per quanto ormai noto ai più. Siamo nel ‘600, da tempo la Sardegna è sotto la dominazione spagnola in seguito al matrimonio, celebrato nel 1479, tra Ferdinando II d’Aragona e Isabella di Castiglia, in particolare siamo sotto la reggenza di Filippo III. Si doveva attribuire il titolo di Primas eclesiae Sardiniae et Corsicae, e, di conseguenza, anche il titolo di Primaziale da assegnare alla relativa Cattedrale, dichiarando, quasi in automatico, anche la maggiore datazione tra la chiesa cagliaritana e la turritana.

Ha così inizio una “bonaria” competizione (ma forse latente da tempo) tra l’arcivescovo di Sassari, Mons. Gavino Manca Cedrelles e il nostro arcivescovo, lo spagnolo Francisco D’Esquivel (1605-1624), competizione che non tarda a passare agli onori della cronaca. Bastò, infatti, che il Manca, nel 1614, asserisse di aver trovato nella zona di Porto Torres le spoglie dei Santi Gavino, Proto e Gianuario, che subito il nostro arcivescovo corre ai ripari, iniziando una vasta campagna di scavi, concentrata, in particolare, presso la Basilica paleocristiana di S.Saturnino, Villanova extra muros, già nota fin dai tempi di Fulgenzio come zona cimiteriale cristiana.

E la “nostra” accanita ricerca des Cuerpos Santos fu baciata dalla fortuna perché nel giro di pochi anni vennero rinvenuti numerosi “resti” sacri, anche perché la sigla Hic iacet B.M., incisa sui sarcofagi, fu subito interpretata come Beatus Martyr e non, eventualmente, come Bonae Memoriae. E’ chiaro che di fronte a un simile risultato il titolo di Primas e di Primaziale furono assegnati, senza alcun indugio, alla diocesi di Cagliari.

Il passo successivo era dove sistemare tutti quei “resti” e, seguendo un’altra consuetudine, si pensò, e giustamente, di realizzare nella Cattedrale una vasta cripta scavata in direzione della zona presbiteriale, oggi contenitore delle sacre spoglie racchiuse in 179 nicchie. Così si smontò tutto l’apparato liturgico e tra il 1614 e il 1634 si svolsero gli intensi lavori, che si conclusero con risultati eccellenti, col solo grande rammarico che il D’Esquivel (1554-1624), morto prematuramente, non potè godere della realizzazione del suo grandioso progetto, riservato, invece, a tutti noi visitatori. Per rendergli doveroso onore, quasi come giusto biglietto da “visita”, viene ricordato giacente con un sarcofago marmoreo, realizzato dallo scultore intelvese Antonio Zelpi, collocato nel pianerottolo o vestibolo” della scala d’accesso, che, invece, in origine, avrebbe dovuto ospitare le spoglie di S.Saturnino.

Alla cripta si accede attraverso una doppia breve scalinata marmorea a “tenaglia” che, dopo un pianerottolo, si unisce in un’unica rampa, che, da subito ci introduce nel vero cuore della cripta. Questa, costituita da tre cappelle, si presenta ben articolata, rivestita di marmi policromi e in stile prevalentemente barocco. Il primo vasto ambiente è la cappella dedicata alla Madonna dei Martiri, affiancata da due cappelle, più piccole, intitolate rispettivamente a S.Saturnino, a sinistra,  e a S Lucifero (290-371), nell’altro lato.

Il primo vano, più ricco e il primo ad essere consacrato verso il 1618, è caratterizzato da un altare marmoreo che, realizzato con intarsi policromi da Domenico Andrea Spazzi, occupa tutta la parete di fondo. Nella nicchia centrale è custodita la statua della Madonna con il Bambino affiancata da quelle più piccole di S.Anna e S.Giuseppe, i genitori, mentre un elaborato fastigio con due angioletti affrontati completano l’apparato marmoreo. Tutto l’ambiente, voltato a botte ribassata decorata a cassettoni, è arricchita da un’infinità di motivi floreali e punte di diamante che si alternano con un giusto ritmo, mentre, al centro, è riportato lo stemma personale del D’Esquivel, che viene riproposto più volte sia all’esterno della cripta che nel pavimento e nei rivestimenti parietali. Le pareti, invece, sono caratterizzate dalla presenza di 66 nicchie o edicole con formella frontale decorata, ognuna riproducente in rilievo l’immagine del Santo custodito con relativo nome. Sulla sinistra si apre la cappella dedicata a S.Saturnino, patrono di Cagliari, martirizzato nel 304 durante le feroci persecuzioni dell’imperatore Diocleziano, i cui resti, come accennato, furono rinvenuti durante gli scavi nel 1621.

La cappella, formata da due campate, presenta dapprima una piacevole volta a crociera con vele decorate a ramages vegetali e gemma pendula con la riproduzione del santo, seguita dalla successiva, più contenuta e leggermente più bassa, voltata a botte con decorazioni vegetali in stucco bianco su fondoverde chiaro. All’ingresso si ammira un altare senza tabernacolo, che riporta la statua del Santo nella parte superiore, mentre le sacre spoglie sono custodite in un sottostante sarcofago con frontale romano reso particolare da una serie di puttini musicanti in rilievo.

Cappella di S. Saturnino

Nella parete opposta si erge il monumento sepolcrale in memoria del piccolo Carlo Emanuele di Savoia, venuto a mancare, nel 1799, a soli tre anni colpito da vaiolo. Come unico figlio maschio di Vittorio Emanuele I e dell’arciduchessa Maria Teresa d’Aosta, interrompe, con la sua morte, la linea diretta di successione, tanto che, nel 1831, a Carlo Felice, casa Savoia, succede Carlo Alberto, casa Carignano. Il monumento funebre, in stile classico, realizzato nel 1802 dal sassarese fra Antonio Cano, si presenta piuttosto semplice, con lastra frontale e lunga dedicatoria latina affiancata da due teste leonine, sovrastato da una corona reale poggiante su due cuscini, probabili simbolici riferimenti ai genitori. Alle pareti 33 nicchiette con sacre reliquie, tutte degne della nostra attenzione.

Il monumento in memoria di Carlo Emanuele di Savoia

La cappella laterale destra è dedicata a San Lucifero, arcivescovo di Cagliari, noto per la sua lotta all’arianesimo, accanita opposizione condotta con Sant’Eusebio. Le spoglie, rinvenute durante gli scavi nel 1623, sono custodite nell’altare a marmi policromi intarsiati che ammiriamo appena si entra. Il santo è riprodotto nella nicchia centrale, in piedi, in atteggiamento benedicente, mentre nel vano sottostante è riprodotto giacente, vegliato da tre angeli. Per tenere viva il suo contrasto all’arianesimo, sulla sinistra è riprodotta l’aquila bicipite che in questo caso, più che la casa asburgica, indicherebbe la duplice natura di Gesù, umana e divina, negata da Ario.

Cappella di S.Lucifero

Anche questa cappella è composta da due campate con volta a crociera nella prima e voltata a botte ribassata con decorazione a cassettoni nella seconda. Nella parete di fondo è collocato il monumento funebre, recintato, in memoria di Giuseppa Maria Luigia di Savoia, regina di Francia, moglie di Luigi XVIII. Muore a Londra nel 1810, ma è qui sepolta nel 1811per volere del fratello Carlo Felice, committente del monumento eseguirlo dallo scultore sassarese Andrea Galassi, che realizza anche la cappella per il Beato Amedeo IX di Savoia, nella Collegiata di S.Anna e il piedistallo del monumento a Carlo Felice, piazza Yenne.

Il monumento funebre alla “regina”, tipicamente classico, è caratterizzato dalla presenza di un Genio che, mestamente, si appoggia all’urna cineraria mentre un ampio drappo, quasi un sudario, scivola dolcemente coprendo parte del basamento, dove sono riportati, in lieve rilievo, gli stemmi dei due casati – Borboni e Savoia-uniti all’apice da un’unica corona reale, quella di Francia. 

Il re, come riconoscenza, nel 1818, regalò alla Cattedrale un prezioso Ostensorio in argento dorato artisticamente cesellato dall’orefice parigino Charles Cahier su disegno dell’architetto F. J. Belanger, oggi conservato nell’attiguo Museo della Cattedrale. Queste due tombe “reali” sono, in pratica, fra le poche testimonianze della presenza dei Savoia in Sardegna, iniziata con la loro fuga da Torino sotto la minaccia di Napoleone. Anche le pareti di questa cappella, al pari delle altre, è caratterizzata dalle numerose “edicole”, esattamente 88, tutte in ricordo di tanti martiri sardi.

Ma la Cattedrale è “scrigno” di tante altre opere, legate alla “iniziativa” dell’arcivescovo in carica. Così oggi, come entriamo, vediamo addossate alla controfacciata le due parti simmetriche del prestigioso pergamo di Maestro Guglielmo di Innsbruck, che, realizzato a Pisa tra il 1158 e il 1162, rimase a lungo nella Cattedrale pisana di Santa Maria finchè, tra il 1302 e il 1310, lo scultore Giovanni Pisano ne scolpì uno nuovo, più grandioso e spettacolare. Di rimando, quello originario emigrò a Cagliari nella nostra Cattedrale e, rimontato, fu da subito collocato lungo la navata destra. Ma, nel 1669, l’allora arcivescovo Pietro de Vico, ritenendolo ingombrante-anche perché l’interno della Cattedrale non era stato ancora ampliato-lo fece smembrare in due parti, ricavando i due pulpiti attuali.  Di conseguenza vengono eliminati e sostituiti con dei plinti i quattro leoni stilofori (oggi alla base del presbiterio) che, sostenendo le colonne, reggevano l’intera struttura.

Anche il grande cassone rettangolare, egregiamente lavorato a rilievo, che raccontava, attraverso 16 scene e relative diciture latine, altrettanti episodi fondamentali della vita di Cristo, perde la sua funzione liturgica e gli episodi la loro logica sequenza. Restano, comunque, non solo valide opere d’arte, ma splendida testimonianza della funzione liturgica medioevale. Infatti, Il pulpito sinistro, usato per la lettura del Vangelo, riporta nella parte alta frontale, l’aquila che sostiene il leggio, simbolo dell’Evangelista Giovanni e un sottostante tetramorfo, una sorta di angelo annunciatore che, a figura intera e in piedi, srotola un cartiglio mentre è affiancato dal bue e dal leone. Il pulpito destro, usato per la lettura dell’Epistola, riporta al centro della parete frontale il leggio retto da tre angeli che sovrastano S.Paolo, che, stando ritto, è affiancato dai discepoli Tito e Timoteo.

Pergamo M.Guglielmo- pulpito per il Vangelo- lato sinistro
Pergamo  M.Guglielmo – pulpito per l’Epistola- lato destro

Il pergamo, come sappiamo, fu poi sostituito dal maestoso pulpito marmoreo, di gusto barocco, collocato alla fine della navata sinistra, scolpito da Giulio Aprile fra il 1673-74, che riporta nella parete frontale l’elaborato stemma personale dell’arcivescovo D.Petrus de Vico  Archip. Cal. Pri(mas) S.(ardiniae) et Cor.(sicae). A noi non resta che ammirare e preservarne la “memoria”. 

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