Antonello Ottonello. Un artista per amico_di Alessandra Menesini
Le pietre, i semi, la sabbia. Le camicie della fatica, le valige degli emigrati, i cuscini infilzati dai cunei di acacia horrida e bucati dagli incubi. E i cavallini della Giara, le lance inastate con oggettini dismessi, le lune e i soli di paesaggi poetici e granulosi. Antonello Ottonello ha usato le tarlatane con effetti avvolgenti, la yuta e le sue trame e i pigmenti per intriderla.
Scenografo diplomato a Roma all’Accademia di Belle Arti, costumista, attore, sosia di Lindsay Kemp, amava molto il quartiere di Stampace e staccarsene gli ha provocato dolore ma non ha spento la sua voglia di dare forma a piccole creature in terracotta, di accostare le foglie disidratate al nero del carbone o al blu di certi sassolini che sembrano lapislazzuli.
Ha raccontato l’epica delle miniere con le schegge delle scisti , con i vetri infranti e le reti di metallo, con steli sottili di giunco , con le cortecce degli eucaliptus dipinte di blu . Utilizzava unicamente materiali naturali e andava personalmente a cercarsele, nel Sulcis , quelle polveri figlie del piombo e dello zinco. Raccoglieva pale di Fico d’India essiccate e trasparenti , dava nuova vita agli scheletri dei ricci di mare come agli orecchini spaiati . Ci vollero gli ossi di seppia per fare barchette con la vela bruciata per parlare dei bambini abusati e teneri orsetti per carezzare l’infanzia. È scomparso in una notte di tardo agosto, Otto, artista di passione e talento, ed è la intera città a piangerlo.