Tex passò prima in Sardegna_di Giorgio Ariu
“Entrate, entrate nel mio regno, per metà magico e per metà reale. Io sono Tex, l’Eroe. Non abbiate timore, lasciatevi guidare dalla mia mano e dalle mie avventure. Scoprirete mondi mai visti, vedrete gente mai sognata: del resto, la mia stessa vita è un unico grande sogno”.
“Con Tex facevo le cinque del mattino, che tirate di lavoro! Lo aveva realizzato senza conoscere nulla del West, anche le pistole erano inventate. Tex era un ibrido, faceva il verso a Gary Cooper e Randolph Cott. Ma lo scenario era più vicino alla Maremma…”. Tex l’Eroe, audace capo popolo nasce nel ’48 dall’incontro a Milano tra Aurelio Galleppini e Gianluigi Bonelli. Galep da allora non ha fatto null’altro che Tex Willer con maestria ineguagliabile e rigorosa scientificità. Proprio l’ex pittore umorista pubblicitario disegnatore d’animazione sardo, introverso, emotivo quasi sempre perdente con gli editori lupi ai quali dall’età di dieci anni, da Iglesias, ha affidato estro e passione. A Lucca 15, mostra internazionale dei comics, del film d’animazione e dell’illustrazione, immenso palcoscenico per Pino Zac, Mulazzano, Serpieri, spagnoli cinesi e americani., il disegnatore creatore dell’eroe che ha fatto impazzire intere generazioni, ha stretto interminabili mani sudate di giovani e anziani, gli ex ragazzi capaci di tutto pur di non perdere l’appuntamento col giornalino tascabile, stretto stretto giusto per far risparmiare le spese di stampa e per poter essere nascosto nelle braghe.
E Galep – Tex, classe 917, a furia di disegnare per fare sognare ha perso molto alla vista e alle mani: il suo regno è una normalissima casa a Chiavari, il suo mondo magico sono i trenini elettrici dai grandi plastici che lui stesso ha spesso disegnato e le pareti santuario, tutti modelli d’armi e aeroplani e le collezioni dei fumetti di una vita. Una vita incredibile la sua, intensa, ricca d’amore per l’illustrazione, dove certo i conti non tornano. Si emoziona parlando e ricordando della Sardegna: “ i miei genitori erano sardi, sono nato per caso in Toscana e condotto in Sardegna a Iglesias dove mio padre lavorava per le miniere. A Cagliari ero noto come pittore (stile ‘800, ero incoraggiato da Fantini) ma un giorno mi accorsi che con la pittura non avrei mai sfondato. Ero un illustratore di fumetti, così appena potei scappai. Insegnavo disegno alla scuola industriale e ai Salesiani e facevo in segreto i fumetti. Io sono figlio di Flash Gordon, Raymond è stato il mio vero maestro. Prima di Gordon non avevo visto altro. Inizio con racconti illustrati, con Modellina. Poi mi lego ingenuamente a Mondatori, in esclusiva senza guadagnare una lira e senza vedere nulla pubblicato. Con Pedrocchi e Civita la svolta: siamo nel 1939 i leader sono Molino e Canale. Da militare all’autoreparto imparo a copiare camions e cruscotti d’aerei, poi torno a Cagliari (abitavo in piazza Garibaldi) e muore mio fratello in guerra, così mi congedano e sono uno dei pochi disegnatori liberi.
Mi chiamano a Firenze e lavoro tra Nerbini e l’Intrepido. Dopo la guerra in una Cagliari distrutta realizzo per campare i souvenirs per gli americani recuperando le mattonelle dalle case distrutte e disegnando delle scene folcloristiche, ho decorato pure una cappella e gli spacci… Ma mi fregarono perché divenni ricco di “am lire” che poi divennero cartaccia. Mi buttai nella cartellonistica, nella pubblicità e divenni direttore artistico di un quotidiano. Ma tenevo buoni rapporti coi Benelli così tornai a Milano e dai ritagli di giornaletti nacque il primo menabò di Tex. Il formato a striscia lo copiammo dal Piccolo sceriffo, un grande successo. Lavoravo giorno e notte, pian piano i diedero degli aiuto disegnatori; non ho mai tradito Tex; fino a fossilizzarmi con questo personaggio: pensare che sono nato umorista… Qualche anno fa la retinite all’occhio sinistro, poi la nevrosi che mi fa tremare le mani: sarà l’età, certo sono stanco di Tex Willer. Per lui ho mollato Pinocchio, il cinema e le invenzioni: pensa, ho brevettato un occhialino per vedere i giornali in movimento. Ma anche allora mi fregarono”.
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