Ecco la vera storia del mito Amedeo Nazzari _di Attilio Gatto
Ha solo 24 anni, ma la primadonna è lei, la triestina Elsa Tscheliesnig, in arte Elsa Merlini. Dicembre 1927. Il pubblico cagliaritano ha occhi solo per la giovane attrice, bella e brava, capace di dominare la scena col temperamento di un’interprete che ha raggiunto la maturità artistica. Assai maturo è il suo partner in ditta, Arturo Falconi, sessantenne, famiglia di artisti, in carriera ha all’attivo “La veglia dei lestofanti”, versione della brechtiana “Opera da tre soldi”, diretta da Anton Giulio Bragaglia. Al Politeama Regina Margherita, la Falconi-Merlini mette in scena “Ginevra degli Almieri” di Giovacchino Forzano.
Ed è lungo applauso, nel teatro più grande dell’isola, uno dei più prestigiosi d’Italia, duemila posti, colpo d’occhio da favola. Lì si è formata la cultura lirica nella Cagliari dei tempi andati. Lì e al Civico, Antonio Gramsci, “studente scapigliato” e “loggionista tumultuoso” – come scrive Giuseppe Fiori – s’innamora del teatro, prima di trasferirsi a Torino dove, dalle pagine dell’Avanti, maltratterà la scena borghese, intuendo la svolta rivoluzionaria di Pirandello e del grottesco.
Ma per il grottesco è vita dura nell’Italia fascista. A Cagliari, il critico de L’Unione Sarda si compiace per l’insuccesso di uno di quei capolavori, “La maschera e il volto” di Luigi Chiarelli. “Il pubblico è fatto a questo modo: o l’antico o il nuovissimo; il nuovo così così non gli va più. E una volta tanto, malgrado la nostra lunga barba canuta, siamo d’accordo con il pubblico d’oggi”, cito dalla ricerca per la mia tesi di laurea, primi anni ottanta, relatore Gigi Livio. Lo stesso critico elogia “Ginevra degli Almieri” ed Elsa Merlini che recita “con lodevole semplicità, con grazia, in qualche punto squisita, in qualche punto resa meno piacevole dallo sforzo evidente impostole dalla necessità di mantenere e rendere la coloritura comica del personaggio, pur nel gioco di sentimenti schietti e forti.” È dalla tradizione Fiorentina che viene la storia di Ginevra, ragazza di buona famiglia costretta ad un matrimonio infelice. Una mattina la trovano distesa nel letto, immobile, ma è morte apparente. Sepolta viva, Ginevra riesce a mettersi in salvo, perché la pietra tombale non è stata ben chiusa. E alla fine tutti vissero felici e contenti perché la giovane donna finisce nelle braccia dell’uomo che ama.
Quest’intreccio ispira anche un film diretto da Guido Brignone e scritto dal regista insieme a Ivo Perilli e Luigi Bonelli. È il 1935. Otto anni dopo la rappresentazione teatrale di Cagliari, Elsa Merlini è nuovamente “Ginevra degli Almieri”, ma questa volta al cinema. E con lei vuole un giovane attore cagliaritano che diverrà un mito. “Ginevra degli Almieri” è il primo film di Amedeo Nazzari. E lui, Amedeo Buffa in arte Nazzari, la racconta così:”Facevo teatro nella compagnia di Pirandello e venne a vedermi la Merlini che al termine mi propose il film. Elsa Merlini fu la mia prima madrina.”
Ma “Ginevra degli Almieri” non ha successo e Amedeo torna al teatro, finché arriva la seconda madrina, Anna Magnani, allora moglie del regista Goffredo Alessandrini. E Nazzari va alla conquista della grande notorietà con “Cavalleria”, ma si fa anche desiderare. Racconta:”Io recitavo a Siracusa ‘Edipo a Colono’. Arrivò un telegramma, mi chiedevano di fare il provino. Io risposi che non facevo provini. Esiste un film, brutto, andatelo a vedere. Mandai una fotografia a cavallo, in divisa, Io non aveva mai visto un cavallo da sopra. Ma combinai il film”. Il 1936 è l’anno della grande affermazione per l’attore cagliaritano, che incanta il pubblico per la presenza scenica e la prestanza fisica. Il film è premiato alla mostra di Venezia. Per Nazzari la strada del successo è in discesa. Ma tutto comincia da quel “film brutto”, che comunque ha rappresentato un’iniziazione cinematografica per il grande Amedeo. Voluta da una straordinaria attrice che la vicenda della sepolta viva aveva portato in scena a Cagliari in un tempio del teatro ormai perduto. Il Politeama Regina Margherita fu distrutto da un incendio nella notte tra il 17 e 18 dicembre 1942. In programma il film “Addio Kira” di Goffredo Alessandrini, con Alida Valli e Fosco Giachetti. Lì non c’è più un teatro, ma un albergo. La città ha perso così un importante spazio culturale, storie di attori e d’intenditori del melodramma, di intrecci tragici e comici, storie di vite che entrano nella memoria.
Bel racconto sulle origini cinematografiche di Azzari. Attore splendido, troppo spesso ridotto a mito. Ricordo che nell’ultima rassegna a lui dedicata, che ho organizzato mille anni fa, madrina della manifestazione era la figlia Evelina. Che dovette ricordare come il padre aveva una dizione perfetta. Altro che il mitico: ” e cchi non bbevve con mme, ppeste lo colga, miiii!”.