Questa volta fa più male delle altre_di Massimiliano Morelli
Non è la retrocessione del 1976, figlia della fine di un’era e dell’addio al calcio di Gigi Riva; non è la retrocessione del 1983, quando il Cagliari perse contro l’Ascoli di Carlo Mazzone al Del Duca e venne scavalcato proprio dai piceni; neanche è la retrocessione in serie C, all’epoca era tutto scritto, col club a un soffio dal fallimento.
Non è la caduta in B di fine anni Novanta, quando la sfortuna si accanì contro la squadra. E neanche il tonfo del primo anno della gestione-Giulini, diciamo che in quei momenti il presidente pagò lo scotto dell’inesperienza. E venne giustificato.
Stavolta il capitombolo è diverso, fa male. Più degli spareggi persi contro Atalanta e Pescara, più della beffa di Napoli del 1997, quando si perse 3-1 col Piacenza. Adesso è differente, fa molto più male.
Perché sai a chi dare le colpe, ma chi le ha non vuole prendersele. Perché mentre a Salerno l’Udinese ti sta facendo il più inaspettato dei “favori”, tu non riesci a segnare uno straccio di gol contro una squadra già retrocessa cui mancano sei titolari e un panchinaro entra in campo che pare appena uscito dal pronto soccorso, con la testa bardata di cerotti e fasce. E il dolore s’acuisce mentre osservi i volti dei settecento “folli” che hanno seguito la squadra fino al “Penzo”, e in quei volti e in quelle lacrime rivedi la tua faccia e il tuo pianto.
E adesso neanche fai caso alla disperazione di chi è sceso in campo, e se ci ripensi fa commuovere più il dolore dei giocatori del Parma quando lo scorso anno caddero fra i cadetti proprio al termine di un 4-3 patito in Sardegna. Perché non riesci a giustificare nessuno dei tuoi. Neanche Altare, la rivelazione dell’anno, l’uomo che all’Arechi regalò una speranza grande come una casa.