Dicembre 18, 2024

“In ogni mio spettacolo il pubblico viene prima di tutto”. Il regista teatrale Francesco Branchetti racconta “Senza Respiro” con Pamela Prati e Simone Lambertini: il debutto a Roma il 10 gennaio_di Emilia Filocamo

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Branchetti

L’incertezza che tesse la trama e tira i fili della vicenda come se fosse una marionetta per darle il passo e il ritmo desiderati, l’egoismo che trionfa e, trionfando, cambia i punti di vista sull’accaduto fino a stravolgere la realtà stessa e ad innescare il dubbio come una miccia pericolosa, l’ ironia che degenera nella farsa e la comoda maschera della finzione, truccata da immaginazione, che serve a coprire le nefandezze e le sconfitte, creando vincitori che non esistono. Un nodo complesso in cui ottica, reale ed assurdo si scontrano e non trovano un punto di incontro, caratterizza la piéce Senza Respiro, di David Norisco che debutterà in prima nazionale al Teatro Marconi di Roma il 10, 11 e 12 gennaio prossimi. Alla regia Francesco Branchetti, in scena Pamela Prati, Simone Lambertini e Gianluca Lombardi con le musiche originali di Pino Cangialosi.

Il testo prende le mosse da un fatto delittuoso che, oltre a coinvolgere i diretti interessati, fagocita in una vero e proprio magma di egoismo anche l’Avvocato ed il giovane assistente di studio che diventano quasi emblemi dell’animo umano e di certe caratteristiche facilmente riconoscibili. A raccontare lo spettacolo con entusiasmo e passione è proprio il regista, Francesco Branchetti.

Francesco, Senza Respiro debutterà a gennaio. Raccontaci questo spettacolo senza ovviamente anticiparci troppo: caratteristiche della regia, gioco delle parti tra i personaggi, eventuali criticità.

Senza Respiro di David Norisco e  con Pamela Prati, sarà uno spettacolo di grande fascino che unirà il giallo, il thriller e anche un pizzico di erotismo e commedia. Un mix che credo sarà davvero esplosivo. Lo spettacolo sarà in tournée in tutta Italia,  nei maggiori teatri.

L’incertezza e l’egoismo sono alla base del “racconto” e la finzione diventa una maschera per non sopportare la realtà: cosa è per te esattamente la finzione, in senso teatrale e in senso quotidiano e quando è necessario ricorrere davvero ad essa?

La finzione è da sempre qualcosa con cui mi confronto quotidianamente lavorando in teatro, sia da un punto di vista interpretativo che attoriale e credo che debba essere vissuta come parte integrante della realtà, realtà nella quale credo che la finzione rappresenti una sorta di “ unguento”, una specie di “ ammortizzatore” che consente alle personalità più diverse di avere a che fare tra di loro. Senza la finzione non esisterebbe una società. Ma è chiaro che la finzione spesso e volentieri, assume contorni pieni di secondi fini, spesso cattivi, pieni di male ed è spesso uno strumento terribile nei confronti del prossimo e all’interno dei rapporti umani .

Parliamo dei due protagonisti: cosa apprezzi dei loro ruoli e del modo in cui si sono calati nei personaggi?

Ho amato molto come Simone Lambertini si è calato nel personaggio e ha saputo dargli caratteristiche e profondità che restituiscono al testo un carattere originalissimo  e pieno di sfaccettature ed ho molto amato in Pamela la capacità di portare in scena una donna misteriosa dal carattere prismatico e dalla personalità affascinante.

Il teatro è parte integrante della tua vita e del tuo DNA: ti ha mai deluso fino ad ora?

No, mai.

Prossimi spettacoli, progetti?

Come ho già accennato in un’altra intervista, il mio prossimo progetto è portare in scena l’Onorevole, il Poeta e la Signora di Aldo De Benedetti in cui sarò in scena accanto a Lorenzo Flaherty e ad Isabella Giannone e di cui curerà anche la regia. E’ uno spettacolo che arriverà in tante città italiane e a cui tengo davvero molto.

Quando cala il sipario dopo uno dei tuoi spettacoli, quali sono le emozioni e le ansie che ti assalgono?

Beh, l’emozione più profonda è quella di trattenere quello che mi è arrivato dal pubblico e portarlo  con me di città in città, piazza dopo piazza; l’emozione e le emozioni e tutto quello che mi ha dato il pubblico mi danno la forza e l’entusiasmo per ricreare i miei spettacoli con amore e passione e  pensando sempre al pubblico prima di ogni altra cosa.

Ecco, qui, in questo passaggio preciso, in questo istante, filtrato solo dal tempo che intercorre tra la mia domanda e la risposta di Francesco Branchetti, la finzione, quella negativa che non è unguento e tantomeno ammortizzatore, si arrende. Tutta la passione è autenticità pura che arriva dritta al cuore di chi ascolta e che rende, senza mezzi termini, diaframmi, o incertezze ed egoismi, l’amore che Branchetti mette nel teatro, da quando ipotizza di portare in scena uno spettacolo a quando anche l’ultimo spettatore, messe a riposo le mani dopo i meritati applausi, infila la giacca, volta le spalle al palco e al sipario e guadagna l’uscita. Ed è quello l’istante in cui avviene la magia, quando ciò che è stato e si è visto e ciò che Francesco Branchetti ha lasciato, resta lì, nel cuore e nella mente di chi si allontana, compiendo cosi la magia sperata.

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