Essere disabile…, un vissuto incredibile_di Jeff Onorato

Cari lettori non molto tempo fa durante una delle mie tante trasferte, lontano dalla mia stupenda isola della Maddalena dove abito, ho avuto il piacere d’incontrare un noto giornalista, che aldilà del suo indiscusso valore professionale è soprattutto un mio caro amico.
Chissà perché conoscendolo ormai da molti anni, prima ancora di aver scambiato il nostro consueto abbraccio fraterno, sapevo che mi avrebbe chiesto di scrivergli un articolo per una delle sue tante riviste, e così è stato, indescrivibile è il trasporto e la passione che trasmette quando me lo chiede, un atteggiamento che fa trasparire la grande stima che nutre nei miei confronti e la gioia che prova ogni qualvolta metto la mia penna al suo servizio.
Quindi…. Amico lettore “allaccia le cinture” perché non è mia intenzione assistere al calo del “valore delle mie azioni” e predisponiti a leggere il bignami della favola della mia vita, così potrai anche facilmente decodificare l’incomprensibile e provocatorio titolo che ho scelto di dare al mio articolo, una storia che principia quando all’età di 20 anni sognavo di trascorrere tutta la esistenza nel mondo dello sport, praticavo molte discipline: atletica, tennis, calcio e pallavolo e visto che possedevo un grande amor proprio e tanta ambizione, alimentavo la speranza di diventare un campione.
Per questa ragione nel mese di aprile del lontano 1975, dopo aver conseguito il diploma, decisi d’iscrivermi alle prove per essere ammesso all’istituto superiore di educazione fisica a Roma, all’epoca in Italia era l’unico luogo dove poter ottenere questa specifica Laurea.
I numeri non erano molto incoraggianti, mediamente tremila domande con soli 50 posti a disposizione, ricordo tuttavia che partii dalla mia isoletta verso la Capitale, pieno di entusiasmo e di speranza.
La prova pratica andò benissimo, ebbe il suo culmine quando eseguii il volteggio al cavallo, esercizio che richiamò l’attenzione di Livio Urbani, tecnico scrutinatore oltre che allenatore della nazionale azzurra di ginnastica.
Ricordo che il signor Urbani, rompendo gli schemi mi chiamò al tavolo dei giudici per chiedermi da dove venivo, preoccupandosi di avvisarmi che una volta inserito nel gruppo dei prescelti, avrei dovuto tagliarmi i miei lunghi capelli biondi.
Ahimè però, quando tornai a Roma al foro italico, per vedere le graduatorie esposte in bacheca, scoprii con grande dispiacere che malgrado quel significativo elogio, il mio nome non era tra i 50 studenti ammessi al corso di laurea.
Provai una grande delusione, comunque non certo tale da farmi desistere.
Scoprii che l’anno dopo avrebbero aperto dei corsi ISEF anche ad Urbino, senza perdere tempo con rinnovata fiducia, decisi di rimettermi in gioco.

Ahimè ignoravo che le mie strategie non avrebbero mai potuto tener conto che poco prima di affrontare il mio secondo tentativo ad Urbino, nel pomeriggio del 16 maggio del 1976, un automobilista distratto che arrivava in senso opposto, avrebbe invaso la mia carreggiata travolgendomi, mentre ero in sella della mia splendida MV Agusta.
La situazione apparve subito gravissima, fui sottoposto ad un primo controllo medico al pronto soccorso della Maddalena e immediatamente dopo trasferito in totale stato d’incoscienza, all’ospedale Civile di Sassari dove mi hanno operato con urgenza in piena notte, asportandomi tutto il muscolo quadricipite della gamba sinistra, con la speranza di poter evitare l’amputazione totale dell’arto, decisione rivelatasi appropriata, inoltre riportai diverse fratture alle costole, un preoccupante trauma cranico e una paralisi completa al braccio sinistro.
Per rimettermi un po’ in forma, dovetti patire un ricovero che durò più di sei mesi, al termine del quale, capii che avrei dovuto vivere il resto della mia vita con un solo braccio e una gamba irreversibilmente menomata.
Le conquiste sportive, il lavoro d’insegnante di educazione fisica e comunque tutte le cose alle quali ambivo, sarebbero rimaste per sempre nel libro dei sogni.

Mi sentivo come se non avessi più un futuro, prigioniero di un corpo, non più capace di appagare le mie titaniche ambizioni. “Grazie a Dio” mi sbagliavo, poiché dopo aver ben gestito i diversi tumulti cerebrali che miravano a destabilizzarmi, compresi quanto grande sia il valore della vita.
Questo mi permise di conquistare la quiete dell’anima e per incanto potei anche scoprire di possedere una nuova, ingegnosa e creativa funzionalità del corpo.
A pensarci bene, ora che tutto è accaduto, mi rendo conto che per passare dal grande dolore all’immensa gioia è bastato effettuare un banalissimo cambio di prospettive: smettere di pensare a quello che avevo perso, concentrandomi piuttosto su quello che mi era rimasto.
Oggi, mi considero orgogliosamente come una “evoluzione della specie” un modello di essere umano D.A. “Diversamente Abile” ovvero, soggetto che ha saputo evolversi mentalmente e fisicamente a fronte di un inaspettato quanto grave mutamento morfologico, il tutto con il compiaciuto placet di Charles Darwin.
Sono un uomo di fede, convinto di avere avuto in dono dei preziosi privilegi, per questa ragione, interpreto la mia mia vita come una mission che mi affida grandi responsabilità educative e comunicative.
Non a caso in trenta anni, ho compiuto più di 280 conferenze, nei luoghi più disparati: scuole di ogni ordine e grado, 17 aule universitarie in tutta la Penisola, caserme, carceri, alcuni interventi anche all’estero: Madrid, Sidney, Amburgo, Lisbona, Melbourne.
Ovunque io sia andato ho posto al centro di ogni argomento “i Poteri della Mente” e le sue Capacità Divine, quelle in grado di saper trasformare ogni dolore in una gioia.
Queste semplici riflessioni: la capacità di accettare, la resilienza, la virtù di saper concedere il perdono, unite all’incrollabile fiducia in me stesso, sono state le pietre angolari della mia “Rifondazione” il ferro trasformato in oro, oro come il colore delle tre medaglie mondiali che ho conquistato nella mia brillante carriera sportiva (Florida 1998, Francia 2001, California 2015) trofei ai quali si aggiungono tre ori Europei, due in Danimarca e uno a Milano e quattro record del Mondo, valori assoluti, ottenuti danzando e volando sull’acqua nella disciplina dello sci nautico.

Ai giovani che incontro, racconto che se a vent’anni mi avessero chiesto:
”cosa faresti se dovessi perdere un braccio?” avrei risposto senza indugio: “preferirei morire” oggi invece….
Posseggo perfino la sfrontatezza psicologica di considerare l’uomo che mi ha investito come un mio “benefattore” perché, pur avendo involontariamente creato tutti i presupposti per uccidermi, in realtà, alla fine è riuscito solo e a malapena a mutilarmi il corpo, dandomi in cambio, cosa decisamente più preziosa: l’opportunità di essere quello che sono oggi: “tutto rotto ma superfigo”.
Professionalmente, sono un Maestro della Federazione Italiana Sci Nautico, l’unico nella storia dello sport che ha superato gli esami pratici per i brevetti con un solo braccio, agonisticamente invece le mie conquiste mi sono valse l’acquisizione del Collare d’Oro al merito sportivo, la massima onorificenza che assegna il CONI, ma cosa molto più importante sono quel ragazzo che ha saputo dire “Sì” al destino, quel ragazzo che miscelando: consapevolezza, dolore, volontà e abnegazione, ha ottenuto una formula magica che gli ha permesso di trasformare il suo dolore in fonte d’energia e le sue debolezze nelle sue forze.
Oggi ciò che più desidero è poter trasformare le mie esperienze sportive e professionali, in un efficace manifesto che possa dimostrare ai giovani che la nostra vita non dipende dal numero delle braccia o delle gambe di cui disponiamo, ma piuttosto da come pensiamo.
Ve lo racconta un “Diversamente giovane” che ha rischiato di perdere il suo destino tra le lamiere contorte di un’auto, sino al momento in cui si è palesata la mia seconda vita, durante la quale sono entrato in perfetta Armonia con l’Universo, così come accade miracolosamente in natura, nel preciso momento in cui ho saputo accettare la mia nuova condizione, di apparente brutto bruco, per incanto, ho percepito la sensazione di essermi trasformato in una “Magnifica Farfalla”.